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Nel 2012 organizzai per ThrillerMagazine uno speciale dedicato al ciclo “Il Romanzo di Roma“, all’epoca finalmente completato: una serie di corposi romanzi storici ambientati nell’Antica Roma e targati Omnibus Mondadori, ad uscita aperiodica con una fascetta che indicava Valerio Massimo Manfredi come “presentatore”. (In realtà l’opera fu probabilmente tutta opera di Sergio Altieri: Manfredi fu solo usato come testimonial.)
Chiesi ad ogni autore di presentare il proprio testo e il risultato è stato pubblicato l’8 giugno di quell’anno: mi piace rievocare quello speciale.
Tutte le informazioni riportate si riferiscono alla prima edizione dei romanzi, in seguito più volte ristampati (anche in eBook).
Tutte le illustrazioni di copertina sono firmate da Luca Tarlazzi (Edizioni 3ntini & C.)
Indice:
- 1. Il ribelle (2009) di Emma Pomilio – 753 a.C.
- 2. Carthago (2009) di Franco Forte – III secolo a.C.
- 3. Il mago e l’imperatrice (2010) di Claudia Salvatori – I secolo d.C.
- 4. Spartaco il gladiatore (2010) di Mauro Marcialis – 73 a.C.
- 5. L’Aquila di sabbia e di ghiaccio (2010) di Massimo Pietroselli – II secolo d.C.
- 6. Danubio rosso (2011) di Alessandro Defilippi – 376 d.C.
- 7. Roma in fiamme (2011) di Franco Forte – I secolo d.C.
- 8. Il sole invincibile (2011) di Claudia Salvatori – II secolo d.C.
- 9. Il sangue dei fratelli (2011) di Emma Pomilio – I secolo a.C.
- Biografie degli autori
1. Il ribelle. L’avventura della fondazione, di Emma Pomilio [settembre 2009] 420 pagine
La trama:
Il comandante della cavalleria di Tarquinia, un nobile etrusco giusto e coraggioso, commette un orribile crimine per difendere il suo onore: uccide la moglie insieme all’ennesimo amante. Lei, però, è la nipote del re e quel sangue che reclama vendetta lo costringe all’esilio. Deve abbandonare la sua terra, le origini illustri, e persino il suo nome: da quella notte si chiamerà semplicemente Larth.
Nei pressi del guado sul Tevere, stremato dalla fuga, Larth si addormenta in un bosco sacro, dove sogna di fare parte della banda di pastori ribelli che popola l’Aventino. È un segno divino, e come tale va rispettato: al risveglio decide di unirsi ai banditi.
Ben presto si accorge che fra quei pastori, rozzi ma valorosi, spicca la figura di Romolo, che al contrario del gemello Remo – prepotente e sanguinario – possiede tutte le caratteristiche per diventare un ottimo re. La zona è paludosa, malsana, ma all’occhio acuto di Larth non sfuggono le potenzialità del guado e dei territori circostanti, l’importanza di quello strategico crocevia di genti e merci di ogni provenienza. Qualità che solo un buon capo originario del luogo saprebbe esaltare. E quando si scopre che Romolo è di stirpe reale, l’esule etrusco può finalmente sperare di realizzare il suo sogno: mettere talento e valore al servizio di un giovanissimo re guerriero, aiutarlo a formare una cavallerie preparata, pronta ad affrontare le inevitabili lotte contro le città vicine per difendere la nuova patria. La patria che loro stessi dovranno fondare, Roma.
Con una scrittura solida e tesa, decisa come i personaggi che racconta, Emma Pomilio ci riporta alle nostre radici, alle gesta e agli eroi che diedero forma alla civiltà così come oggi la conosciamo, violenta eppure capace di imprese grandiose. E ci riconduce alla Storia che, come un nocciolo duro, sta dentro la leggenda.
Presentazione dell’autrice:
La parola Roma evoca immediatamente in noi l’idea di grandezza e di potenza, di edifici imponenti scintillanti di marmi, di aquile e porpora, di una città ricca e dominatrice, in cui molti Romani ormai disincantati asserivano di non credere più negli dèi, e gli antichi culti erano fossili sacrali. Ma Roma non è stata sempre così, ci sono voluti molti secoli perché lo diventasse.
La Roma delle origini non conosceva il mattone, era una città di capanne di pali rivestiti di argilla, con il tetto di paglia. Pochi sapevano scrivere, la cultura si tramandava oralmente, il soprannaturale, il sacro, era tanto mescolato alle faccende umane che questi campi non erano nettamente divisi. Tutto era circondato da un alone di sacralità e di mistero. Le istituzioni politiche non erano separate da quelle religiose. Il re era il capo politico e militare della città e il sacerdote del culto cittadino. La ricchezza era rappresentata dal bestiame. Pecunia viene da pecus.
La storia di questi tempi molto lontani si confonde con la leggenda, eppure la Roma dei primi giorni mi ha affascinato quanto la Roma dei Cesari, perché in essa si vedono chiaramente le premesse della futura grandezza. Questo mi ha convinta a scrivere un romanzo sulle origini.
Cicerone afferma che la posizione strategica è la prima ragione della potenza di Roma e che nessun altro posto in Italia avrebbe offerto le stesse possibilità a una città di raggiungere un tale potere sul mondo.
Roma è sorta su un importante crocevia di comunicazioni, vicino al guado sul Tevere, in un luogo favorevole all’instaurarsi di un mercato, di cui tutti i popoli vicini volevano il controllo. Il guado era frequentato da gente di diversa provenienza: Latini, Etruschi, Sabini, Greci, Fenici. Possiamo immaginare le attività che fervevano agli approdi. Certo non concentrazioni di gente come le nostre, ma pensiamo ai Fenici che andavano per mare a vendere i loro vetri e i loro bissi, pensiamo ai Greci con le loro splendide ceramiche. Gli Etruschi lo attraversavano per andare verso la fertile Campania. Dal guado partiva la strada per il trasporto del sale e il Tevere costituiva anche una strada navigabile per traffici interni.
Di certo non saranno mancate al guado sul Tevere rappresentanze di popoli lontani che mandavano esploratori a battere le coste italiane in cerca di buoni approdi e basi per i loro commerci. E pensiamo che gente doveva essere, e di che coraggio, per affrontare i pericoli del mare a quei tempi.
Il ribelle intende mettere in luce l’universalità e la grandezza di Roma già dalla sua fondazione a cui parteciparono popoli diversi, in una feconda mescolanza di lingue e di culture. Racconta la storia della conquista del guado sul Tevere e della fondazione di Roma, la città che prese il controllo sul guado e sui commerci che vi si svolgevano, e subito cominciò a combattere per affermarsi, per difendere la conquista e allargare i suoi confini angusti. Una grande avventura che secondo la tradizione ebbe luogo nell’VIII secolo prima di Cristo, secolo di grande sviluppo dei rapporti internazionali nel Mediterraneo.
Ma la fondazione di Roma è un tema controverso, sul quale già gli intellettuali greci e latini discussero a lungo. Molti studiosi sono convinti che Roma non sia stata fondata, ma si sia formata col tempo. Io per tanti motivi, che non posso esporre qui, ritengo che ci sia stato un atto di fondazione, e ciò che gli stessi Romani ci hanno tramandato sui primi re contenga molte verità. Se il primo re, Romolo, è una figura leggendaria, le sue imprese hanno un fondamento storico.
Per scrivere Il ribelle mi sono servita delle fonti, soprattutto di Livio, Plutarco, Cicerone, Dionigi di Alicarnasso, e degli studi dell’archeologo Andrea Carandini, che sta conducendo da molti anni degli scavi sul Palatino, luogo in cui è stata fondata Roma secondo la tradizione. Lo studioso, interpretando quello che ci hanno tramandato gli antichi alla luce delle scoperte archeologiche, ha ricostruito le varie fasi della fondazione.
2. Carthago. Annibale contro Scipione l’Africano, di Franco Forte [ottobre 2009] 476 pagine
La trama:
Nel 218 a.C. Cartagine non è più la potenza che ha regnato incontrastata per cinquecento anni sul Mediterraneo: la disfatta patita nella Prima guerra punita ha fatto di Roma la nuova signora dei mari e delle terre conosciute fino a Oriente. L’orgoglio dei cartaginesi, però, reclama vendetta. Il giovane Annibale, cresciuto nell’odio per i romani, decide di sfidare apertamente l’Urbe e attacca la città di Sagunto, violando la tregua. Dopo avere approntato un esercito formidabile, che si avvale del supporto degli elefanti, parte per una marcia impossibile che lo porterà a varcare i Pirenei e le Alpi, per scendere nella Gallia Cisalpina e affrontare Roma sul suo territorio. Il piano di Annibale appare folle e senza speranza. Solo un uomo fra i romani sa di trovarsi di fronte al più temibileavversarioche la Repubblica abbia mai conosciuto: è Publio Cornelio Scipione, figlio del console Scipione, affascinato dall’abilità e dall’intelligenza dimostrate da Annibale. Quando gli eserciti di Cartagine e di Roma si affrontano nella battaglia del Ticino, il giovane condottiero romano capisce che per poterlo sconfiggere occorre studiare tutto di lui e della sua tattica di guerra.
Inizia così un confronto a distanza destinato a durare quindici anni, fino alla resa dei conti a Zama, sulle coste dell’Africa, quando Annibale e Scipione si sfidano in campo aperto, decisi a dimostrare il loro valore in uno scontro che segnerà il destino dei loro popoli. Annibale ha dalla sua la forza, il coraggio e l’intelligenza che gli hanno sempre consentito di prevalere sulle legioni romane, Scipione può contare sulla determinazione che non l’ha mai fatto arretrare davanti al pericolo cartaginese, e soprattutto su un’intelligenza tattica fuori del comune.
Franco Forte si addentra in questa logorante guerra per il dominio sul Mediterraneo per ritrarre con occhio lucido e stile deciso gli opposti demoni che agitano i due eterni rivali, le loro aspirazioni, i desideri e le passioni, spingendoci a parteggiare di volta in volta per l’uno o per l’altro. Mentre sopra tutto e tutti campeggia Roma, capace, dopo ogni sconfitta, di risorgere dalle proprie ceneri.
Presentazione dell’autore
Per quanto riguarda Roma in fiamme eCarthago – quest’ultimo il titolo più venduto sia in rilegato che negli Oscar Bestsellers – posso dirti che sono stati un’esperienza davvero importante, per certi versi molto formativa. Anche uno scrittore professionista, infatti, deve sempre confrontarsi con il mercato, con le proprie attitudini e con il suo editore di riferimento, e questa volta la sfida, guidata da un nome di altissima caratura come Valerio Massimo Manfredi, era davvero difficile: ricreare Roma antica come non era ancora stato fatto, con il massimo di verosimiglianza storica ma imbastendo storie capaci di far appassionare il pubblico e di trascinarlo in un mondo fatto di finzione e di realtà, al punto da non poter più distinguere l’una dall’altra. Personalmente credo di esserci riuscito, e il gradimento del pubblico per questi miei due romanzi me ne dà conferma.
3. Il mago e l’imperatrice. Il volto nascosto di Messalina, di Claudia Salvatori [febbraio 2010] 363 pagine
La trama:
Valeria Messalina ha solo otto anni quando conosce il suo futuro attraverso la profezia della Sibilla Cumana: «Gloria al tuo nome nei secoli. Augusta e padrona di ogni cosa. Un abisso è davanti a te, e dall’abisso tu raggiungi il Cielo». L’oracolo ha scritto per lei un destino eccezionale, il destino di un’imperatrice, ma la bambina ne è sconvolta, torturata da un’unica domanda: come potrà meritare una tale gloria e compiere imprese degne degli antichi eroi?
Con le parole della Sibilla nella mente e nel cuore, Messalina cresce diventando una donna saggia, dotata di una profonda vita spirituale e in grado, allo stesso tempo, di districarsi fra le insidie della politica e del potere. È soltanto grazie alle sue grandi capacità infatti che Claudio, suo marito, sale al trono dopo la morte di Caligola: parte della profezia si avvera, Messalina è imperatrice. La via per raggiungere il Cielo, invece, si aprirà inaspettata grazie all’incontro con Aion – uno schiavo britanno, un ballerino e un attore al cui passo celeste il tempo sembra fermarsi -, che le schiuderà le porte della Verità e dell’amore, e grazie alle parole di Simone di Samaria (il Simon Mago della Divina Commedia), cui Messalina si affiderà nel tentativo di trovare una nuova fede e costruire una Roma più giusta verso gli umili e i diseredati. Ma il progetto dell’Augusta imperatrice non sembra essere lo stesso dell’Urbe e del suo imperatore – non ancora, almeno.
Sullo sfondo di una Roma raffinata e sordida, di bordelli e teatri, di templi e palazzi, Claudia Salvatori mette in scena personaggi complessi, umanissimi nelle loro paure e ambizioni, concentrati nella lotta per il potere o nella ricerca di una realizzazione interiore più profonda. Due tensioni che dividono filosofi, nobili e soldati, così come prostitute, ballerini e gladiatori, e che riescono a convivere solo nell’imperatrice, una Messalina che sovverte tutti gli stereotipi di lascivia e crudeltà attribuitile nei secoli. Una donna in cui il Cielo e l’abisso si specchiano.
Presentazione dell’autrice:
Scrivendo romanzi storici mi sono resa conto che non è possibile raccontare di persone del mondo antico come parleremmo noi: intendo noi ragazzotti e ragazzotte del terzo millennio, frantumati e svuotati, privi di valore e di valori, privi di tutte le parole e le idee che una volta erano cose tangibili e vissute, e oggi soltanto gusci abbandonati di crisalidi. Gli antichi avevano probabilmente un sentimento forte della realtà, un senso forte della propria vita e di quella altrui. Bisogna ritornare ai nostri ricordi d’infanzia, quando tutto era vivido, importante ed eterno, per capire e immaginare.
Per Il mago e l’imperatrice avevo a disposizione solo poche righe di Tacito da cui partire: il matrimonio da lei celebrato con Gaio Silio, pubblicamente, essendo ancora in vita suo marito, l’imperatore Claudio. Un simile atto, pubblico e non segreto, mi ha fatto subito venire in mente un tentativo di colpo di stato. Ora, per duemila anni si è sovrapposta (e preferita) una satira denigratoria prolungata in un’infinita commedia erotica italiana, e questo ha trasformato Messalina in una ninfomane demente. Ho cercato di reinventarla, conferendole la dignità che spetta a una donna del mondo antico che ha un ruolo civile e religioso di primo piano all’interno della sua società. Per questo le ho affiancato un mimo: per raccontare il teatro romano, certamente, ma anche per giocare sui rapporti tra reale e immaginario e mostrare come si influenzano a vicenda.
4. Spartaco il gladiatore, di Mauro Marcialis [maggio 2010] 375 pagine
La trama:
Nella scuola gladiatoria di Lentulo Batiato a Capua gli schiavi stanno preparando la rivolta: Spartaco ne è l’ideatore e altri duecento sono con lui. Il vigore e l’eleganza del fisico, la dolcezza dello sguardo e la forza incrollabile dei suoi ideali lo rendono immediatamente un simbolo. Il suo nome diventa l’urlo della ribellione, l’emblema del riscatto dalla schiavitù, l’ideale di libertà che nutre i sogni di decine di migliaia di schiavi e popola gli incubi dei pretori e dei consoli romani.
Mentre il nome di Spartaco e la leggenda delle sue gesta si diffondono per le strade di Roma, sussurrati con timore o scritti a grandi lettere sui muri, attorno alla figura del gladiatore ribelle si intrecciano i destini di Decio, Claudia e Floro, così lontani e diversi eppure tanto vicini.
Decio, valoroso legionario romano poi condannato ingiustamente come traditore e reso schiavo, si trova al fianco di Spartaco fin dall’inizio, tra i gladiatori di Capua, scegliendo di restare con lui battaglia dopo battaglia, sebbene già conosca le conseguenze del folle progetto di opporsi alla potenza di Roma. Claudia, giovane e bellissima nobile costretta a sposare un uomo arrogante e senza scrupoli, trova il coraggio di ascoltare l’amore che prova per lo schiavo della sua domus, Lucio, e si batte per affrancare alcune serve bambine. Floro infine, pur sognando di eguagliare il padre, integerrimo centurione romano, è sempre più turbato dalla progressiva scoperta dei giochi di potere che si nascondono dietro al culto di Roma.
Lo stile asciutto e incalzante di Mauro Marcialis ci restituisce le immagini vivide di una delle pagine più affascinanti della storia di Roma, dove il declino della Repubblica è sempre più chiaro e la lotta per la libertà assume ogni giorno di più la grandezza fulgida e straziante delle battaglie destinate alla sconfitta.
Presentazione dell’autore
È un periodo storico ricco di eventi. Siamo nel 73 a.C., a pochissimi decenni dalla fine della Repubblica. Roma è in fibrillazione, tra i giochi di potere delle oligarchie e i conflitti militari contro le popolazioni straniere, tra le tensioni delle classi sociali meno abbienti e la stramba idea di libertà che si fa strada in centinaia di migliaia di schiavi.
È il periodo in cui, passeggiando al Foro o in qualche strada consolare, possiamo incontrare alcuni dei personaggi più significativi e carismatici dell’intera storia romana: Cicerone, Pompeo, Crasso e un giovane ma già determinato Giulio Cesare.
Ma, appunto, il 73 a.C. segna soprattutto l’apparizione del possente gladiatore Spartaco.
Le sue gesta hanno cavalcato i secoli fino ai nostri giorni e rappresentano ancora, caricate di significati ideologici, mitici e simbolici, l’emblema del riscatto e della ribellione degli oppressi, che tentano di spezzare le catene della propria sventurata condizione per rivendicare i propri diritti e svincolarsi dalla sopraffazione dei governanti. La legittimazione di Spartaco giunge proprio da alcuni autori romani dell’epoca che, attribuendogli lo status di “nemico” della Repubblica, ne ammettono implicitamente le virtù e riconoscono l’autorevolezza delle sue minacce. Impossibile non rimanere affascinati da questo personaggio carismatico e coraggioso che guidò decine di migliaia di ribelli con spirito indomabile.
Rimangono attualissimi alcuni misteri: come ha potuto l’esercito di Spartaco, seppur numeroso ma estremamente eterogeneo nella sua composizione e privo di disciplina e addestramento militare, sconfiggere ripetutamente le milizie romane per così tanto tempo? Dov’è finito il corpo del gladiatore? Perché i ribelli, quando ne hanno avuto l’opportunità, non hanno varcato le Alpi, con la prospettiva di potersi insediare in un luogo meno pericoloso?
Il romanzo si occupa quindi della più grande rivolta servile della storia dell’umanità e, attraverso le vicende dei tre protagonisti, della Roma del tempo (Floro, il valoroso legionario alle prese con gli intimi assilli di un padre ingombrante, che lo costringeranno a lotte personali più ardue di mille battaglie; Claudia, la giovane patrizia che ha il torto di innamorarsi di uno schiavo e di mettere in discussione alcuni dogmi della cultura romana; Decio, altro legionario ingiustamente ridotto a schiavo gladiatore, braccio destro di Spartaco, che seguirà fino alla fine, con l’orgoglio e la lealtà di un vero romano).
C’è anche il tentativo di attualizzare le dinamiche politiche e sociali, considerato che vi sono tantissime analogie col presente. Del resto, quella di Spartaco è appunto “lotta di classe”, e di cosa si parla, soprattutto oggi, in Italia e nel mondo? Questa è la storia di ogni epoca. In estrema sintesi: i ceti meno agiati rivendicano i propri diritti e un miglioramento delle proprie condizioni, mentre le classi dirigenti lottano per mantenere privilegi, ricchezze e status quo.
5. L’Aquila di sabbia e di ghiaccio. Il regno dell’Imperatore filosofo, di Massimo Pietroselli [settembre 2010] 465 pagine
La trama:
L’impero che Marco Aurelio ha ereditato è giunto alla sua massima espansione, ma proprio per questo mantenere la pace che ha regnato sotto Antonino Pio è ormai impossibile: dopo la guerra contro i Parti, ora sono i Germani a minacciare Roma premendo da nord.
Nel 167 d.C. l’Imperatore filosofo dà inizio alle guerre marcomanniche sotto auspici infausti e ben presto il suo progetto di creare due nuove province per rendere più stabili i confini settentrionali si scontra con il leggendario furor teutonicus. Non è solo la spaventosa forza di quelle popolazioni, però, a sfibrare le legioni romane. Un misterioso culto celebrato dalle Bestie – feroci soldati sarmati che vantano la protezione di uno strano amuleto – rende i barbari come invasati, invincibili.
Marco Aurelio sa che solo un uomo può venire a capo dell’enigma delle Bestie: lo speculator Tito Ulpio Geminus, agente segreto della guardia imperiale. Ma non può sapere fino a che punto la sua intuizione colga nel segno. Perché Geminus è un romano di origine sarmata, dunque l’aspetto e la conoscenza della lingua gli permettono di infiltrarsi con facilità fra i nemici, e soprattutto perché al centro del culto esoterico che sta minando la potenza romana c’è Melissa – la donna egizia da lui amata, e persa. Per questo stesso motivo Geminus è anche la persona meno adatta a fronteggiare l’impresa: in lui infatti le ragioni dell’Impero s’intrecciano più che mai ai battiti di un cuore ferito, gravato da un’oscura profezia.
Seguendo l’indagine del protagonista, Massimo Pietroselli ci conduce attraverso i vasti territori dell’Impero romano, dal raffinato e torrido Egitto fino alle gelide regioni al di là del Danubio, per raccontarci con uno stile preciso e veloce le difficili battaglie dell’esercito e quelle, altrettanto aspre e incerte, di un uomo contro il suo destino.
Presentazione dell’autore:
L’aquila di sabbia e di ghiaccio è un romanzo ambientato nell’impero di Marco Aurelio. Perché la scelta di questo imperatore? Per due motivi. Il primo: Marco Aurelio è poco frequentato dai romanzieri storici; Cesare, Augusto, Caligola, Nerone sono molto più gettonati, probabilmente perché le loro vite, nel bene e nel male, furono bigger than life, come dicono gli americani. Secondo: Marco Aurelio è forse un personaggio più sfuggente dei predecessori citati, ma molto interessante. È un filosofo, ci ha lasciato un libro di riflessioni molto acute, predicava lo stoicismo, il senso del dovere, la pietas, la sobrietà: ma ha passato la vita a combattere. Ha affrontato un tentativo di colpo di stato, ha visto i suoi progetti strategici naufragare, sentiva che il suo erede (Commodo) non sarebbe stato all’altezza del ruolo, forse la moglie gli fu infedele, un amico lo tradì.
Tutto questo viene raccontato nel libro. Che è sostanzialmente una storia di spie: il protagonista è uno speculator, fedelissimo all’imperatore, che dovrà fare i conti con le proprie convinzioni e i propri errori e che si troverà ad affrontare una grave minaccia per i legionari impegnati sul fronte germanico contro i barbari. Proprio perché è una storia di spie, il romanzo si apre e si chiude con omaggi aspy stories del secolo passato: qualcuno ha persino indovinato le citazioni.
Quel che tengo a precisare è che, nonostante il nocciolo del romanzo sia ovviamente di fantasia, la storia si poggia su eventi realmente accaduti, e persino molti dei personaggi minori sono esistiti: infatti, uno degli aspetti più intriganti nello scrivere un romanzo storico sta appunto nel far scaturire naturalmente la storia dalla Storia!
6. Danubio rosso. L’alba dei barbari, di Alessandro Defilippi [gennaio 2011] 374 pagine
La trama:
Anno 376 d.C. II vecchio mondo sta morendo. I figli delle streghe e degli spiriti ciel male, gli Unni, hanno lasciato le steppe dell’Asia centrale seminando morte e distruzione nel loro cammino verso ovest. Costretti ad abbandonare le proprie case e ormai ridotti alla fame, i Goti ora premono sui confini dell’lmpero Romano. Vogliono passare il Danubio, chiedono cibo e terre da coltivare.
La decisione spetta a Valente, tormentato imperatore d’Oriente, vecchio e malato: accogliere le loro richieste oppure affrontare il nemico in campo aperto? Per le trattative I’imperatore invia al confine il suo più fidato consigliere, ponendolo sotto la scorta di Batraz, magister della sua guardia personale. A fronteggiare Fritigerno, il temuto capotribù dei Goti, si trovano così due barbari romanizzati, diversissimi per temperamento e propositi: pagano fedelissimo all’imperatore, Batraz; potente monaco del Cristianesimo in ascesa e profeta dell’imminente avvento dell’Anticristo, l’altro.
Mentre dalla sponda romana del Danubio osserva la lunga fila dei carri barbari pronti ad attraversare il fiume, immaginando in ogni volto il proprio volto, riconoscendo in ogni uomo un guerriero valoroso, Batraz sa che niente rimarrà uguale a prima, ma allo stesso tempo sente che nel mondo nuovo che si prepara non potrà più esserci posto per lui. Tutto ciò che gli resta, finché vivranno l’imperatore e gli dei, è il suo onore: combattere, senza chiedersi per cosa o per chi.
Tra presagi nefasti e scontri sanguinari, fra tradimenti meschini ed eroismi disperati, corpi e anime convergono ineluttabilmente verso lo scontro conclusivo: Adrianopoli, “il giorno del sangue” che segna il tramonto dell’impero.
Narratore raffinato e potente, capace di entrare nelle pieghe dell’animo umano e allo stesso tempo di tenere il passo epico del guerriero antico, Alessandro Defilippi ci riporta tutta l’attualità bruciante delle grandi migrazioni, degli scontri e incontri di civiltà, facendo vibrare dentro di noi l’eco inquieta e lacerante delle invasioni barbariche.
Presentazione dell’autore:
Quando Sergio Altieri mi propose di collaborare alla serie Il romanzo di Roma, accettai con entusiasmo. Poi, iniziarono i dubbi e le preoccupazioni. Non avevo mai scritto un romanzo storico vero e proprio, sebbene alcuni dei miei libri, come Le perdute tracce degli dei e Angeli fossero ambientati nell’epoca fascista. Qui il problema era davvero un altro. Il fascismo e la sua storia sono rimasti, inevitabilmente, nel nostro immaginario, soprattutto in quelli, come me, i cui genitori avevano vissuto in quegli anni. Quindi esisteva dentro di me un quadro di vita quotidiana che poteva offrire credibilità al tutto. Per Danubio rosso, la faccenda era, inevitabilmente, affatto diversa. Il libro doveva incentrarsi sulla battaglia di Adrianopoli del 378 d.C., quando i Goti, guidati da Fritigerno, sconfissero i legionari dell’imperatore Valente. Quella sconfitta fu il grande spartiacque: dopo, in realtà, l’Impero sopravvisse a se stesso.
Io però non sono uno storico, ma un medico e uno psicoanalista, sebbene la storia sia stata, in passato, tra i miei interessi principali. Per di più, occuparsi dei fatti del tardo Impero implica l’addentrarsi in un groviglio di personaggi e di eventi, di situazioni sociali e di sommovimenti storici tali da far tremare le vene dei polsi a qualsiasi scrittore. Ma, al contempo, la sfida, come si dice oggi, era davvero stimolante. Così iniziai a documentarmi: le Storie di Ammiano Marcellino furono il testo base, poi i libri di Alessandro Barbero [9 agosto 378, Laterza 2005] e Simon MacDowall [Adrianopoli (2001), Osprey-RBA 2010] e molti altri, tra cui i meravigliosi volumi di militaria della Osprey. Mi fu di grande aiuto l’amicizia di Alessandro Barbero, storico e scrittore di vaglia, che mi accompagnò durante la stesura con il suo sapere.
Ma il punto, ancora più della Storia, era la storia dei personaggi. Mi accorsi presto che molti dei temi che mi offriva quel periodo erano legati a cose di cui scrivevo da tempo: il male, il coraggio, la lotta dell’individuo contro il destino, la fedeltà a se stessi, il sacrificio, il senso di una fine imminente. Quest’ultimo, in particolare, era il filo conduttore della vicenda. Le incursioni barbariche, il premere dei Goti di Fritigerno ai confini dell’Impero, il loro desiderio di entrarvi per farne parte, erano così vicini a ciò che viviamo oggi, in questa sorta di tramonto dell’Europa, rispetto ai popoli che ci raggiungono, mescolandosi a noi. E simile all’oggi era, credo, la sensazione che il mondo contemporaneo andasse alla fine, per trasformarsi in un mondo diverso, in cui niente sarebbe stato come prima. Vidi i battelli dei Goti che attraversano il Danubio come quelli che cercano di raggiungere, disperatamente, le nostre coste. E i “barbari” stessi, gli stranieri, erano, come oggi, coloro che portano il nuovo, forse lo scomodo, certamente il diverso da noi.
E poi, non ultimo, potevo scrivere di eroi. Dove l’eroe non è il guerriero invincibile, ma un uomo pieno di dubbi, come Bartraz il sarmata, il protagonista di Danubio rosso, magister scholae palatinae di Valente. Un soldato che difende ciò in cui ha deciso di credere, anche sapendo che ciò probabilmente lo porterà alla catastrofe, e anche vedendo il male e la corruzione che invadono l’Impero. Gli eroi sono tali sempre nonostante: nonostante la paura, nonostante il desiderio di pace, nonostante la voglia di vita. E Batraz, spero, è così. Più simile al Rick Blaine di Casablanca che a John Rambo.
Che dire, quindi? Scrivere Danubio rosso mi ha divertito, commosso, fatto infuriare, fatto soffrire, come ogni lettore dovrebbe poter fare con un libro. Come, credo, dovrebbe poter fare anche ogni scrittore.
7. Roma in fiamme. Nerone, principe di splendore e perdizione, di Franco Forte [marzo 2011] 496 pagine
La trama:
È da poco spuntata l’alba quando la levatrice accoglie nel grembo di Agrippina il piccolo Nerone. Nonostante sia un freddo giorno di gennaio, il cielo è terso e il sole illumina il neonato mentre si trova ancora nell’abbraccio della levatrice. Non c’è alcun dubbio, l’auspicio è quanto mai favorevole: Lucio Domizio Enobardo – Nerone, come vuole la madre – è un predestinato. Erediterà la forza e lo splendore del sole e guarderà gli uomini dall’alto senza calcare la terra con i talloni, così come accade agli imperatori. La profezia però non è conclusa: Nerone regnerà, ma al suo destino luminoso si accompagnerà un’ombra lunga di delitti e di sventura.
Questo contrasto di buio e di luce, di splendore e miseria sarà il tratto distintivo del suo carattere e della sua vita, perché nessun personaggio è stato più misterioso, affascinante, temuto e odiato di Nerone. E nessun personaggio è stato più controverso. Raggiunto il potere per merito della madre Agrippina, che uccise il marito Claudio per fare posto al figlio, Nerone nei primi anni del suo impero dà corpo alle speranze che lo vogliono diverso dalla madre, pronto a diventare, sotto la guida del filosofo Seneca, un saggio imperatore. Ma il suo destino vuole altrimenti. Concluso il celebre quinquennium Neronis, tutto precipita e in breve le ombre del suo carattere sembrano emergere con violenza, fino al grande incendio di Roma, di cui si vocifera sia il mandante e sulle ceneri del quale costruisce la Domus Aurea – la più ricca, strabiliante e azzardata dimora imperiale di tutti i tempi.
Con passione e competenza, Franco Forte illumina di una luce nuova il personaggio di Nerone – non più pazzo sanguinario, come lo vuole la tradizione, ma innovatore di costumi e precursore della politica-spettacolo, secondo le interpretazioni più recenti -, restituendoci con la vividezza dei migliori romanzi storici un indimenticabile racconto dell’imperatore che si credeva il dio Apollo e incantava le folle con la sua arte di citaredo e cantante. E, sullo sfondo, dipinge fin nei dettagli più minuti una Roma imperiale animata da pulsioni, passioni, intrighi, che contraddistinguono il periodo dal 54 al 68 d.C. come quello della crescita più contraddittoria, ma anche più spettacolare, nella storia dell’Urbe.
Presentazione dell’autore
Per quanto riguarda Roma in fiamme eCarthago posso dirti che sono stati un’esperienza davvero importante, per certi versi molto formativa. Anche uno scrittore professionista, infatti, deve sempre confrontarsi con il mercato, con le proprie attitudini e con il suo editore di riferimento, e questa volta la sfida, guidata da un nome di altissima caratura come Valerio Massimo Manfredi, era davvero difficile: ricreare Roma antica come non era ancora stato fatto, con il massimo di verosimiglianza storica ma imbastendo storie capaci di far appassionare il pubblico e di trascinarlo in un mondo fatto di finzione e di realtà, al punto da non poter più distinguere l’una dall’altra. Personalmente credo di esserci riuscito, e il gradimento del pubblico per questi miei due romanzi me ne dà conferma.
8. Il sole invincibile. Eliogabalo, il regno della libertà, di Claudia Salvatori [aprile 2011] 405 pagine
La trama:
Vario Avito Bassiano, re di Emesa, imperatore di Roma, Sommo Sacerdote del Dio Unico El Gabal, il Sole Invincibile: per tutti, oggi, Eliogabalo, un nome che significa eccesso, scandalo e trasgressione. Colpito dalla damnatio memoriae eppure indimenticabile, per la sua vicenda trasversale a tutti i tempi e le società.
Ragazzo brillante, talentuoso, profetico e forse megalomane, viene posto sul trono di Roma da un quartetto di donne eccezionali, la prozia Giulia Domna, detta la filosofa, e la nonna Giulia Mesa con le sue due figlie. Principesse orientali che si ispirano a Semiramide e lottano tenacemente per l’affermazione di una nuova grande dinastia. Sotto i predecessori di Eliogabalo – Settimio Severo e Caracalla, e il successore di lui Alessandro Severo – concentrano nelle loro mani un potere impensabile a Roma per una donna dopo Cleopatra.
Eliogabalo nasce in un’epoca molto simile alla nostra, multietnica e multiculturale, che consuma i suoi ultimi bagliori di opulenza alla vigilia di un inevitabile declino, sulla soglia di grandi trasformazioni. La lucida follia e il progetto visionario dell’imperatore non consistono tanto nell’importare a Roma un nuovo culto orientale in aggiunta a quelli consolidati, quanto nel fondere tutti i culti in uno solo, profeticamente anticipando quanto avverrà con l’affermazione del Cristianesimo, senza tuttavia mettere da parte Dioniso, il Dio Libero che gli è tanto caro.
L’imperatore sa di doversi sacrificare, e infatti il suo regno è breve. Presto la rivalità e i contrasti insanabili tra la madre Giulia Soemia e la zia Giulia Mamea mandano in pezzi la concordia della famiglia dei Bassiani, ma il prezzo più alto Eliogabalo dovrà pagarlo per aver voluto amare oltre i limiti imposti dalle leggi e dalle convenzioni: sposando Aquilia Severa, sacerdotessa di Vesta, e legandosi poi all’auriga Ierocle, un uomo nato in schiavitù.
Inesperienza politica e progetti grandiosi, intemperanze sessuali e misticismo, spregiudicatezza e sensualità, populismo e raffinatezza, lusso e generosità, fame inesausta di ogni esperienza e di ogni sapere: tutto questo fa del giovane Eliogabalo una figura di profondo fascino e di assoluta modernità. Eliogabalo vive in fretta e brucia come una rockstar, e pur restando un re-sacerdote antico, depositario di archetipi e segreti primordiali, inventa la vita moderna, incarnando il mito dell’immaginazione al potere. Un mito che ha ispirato pittori e scrittori, da Alma Tadema ad Arbasino, passando per Antonin Artaud, e che percorre le pagine di questo romanzo fiammeggiante al ritmo di una danza sacra, fino al vorticoso epilogo.
Presentazione dell’autrice
Su Eliogabalo avevo a disposizione moltissimo materiale, e il lavoro non è stato tanto di reinvenzione quanto di reinterpretazione. Sì, ci piace molto l’imperatore romano pazzo con il lampo del serial killer nell’occhio lubrico, come ci piace la femmina imperiale lussuriosa e crudele. Non nego che siano giocattoloni divertenti, ma ho voluto andare controcorrente, seguendo piuttosto Antonin Artaud, cioè in fondo costruire un altro tipo di giocattolone divertente. Il mio Eliogabalo ha scandalizzato, e ne sono rimasta così colpita che penso gli dedicherò prossimamente un lungo articolo sul mio blog. Ovvero… che senso ha scandalizzarsi di Eliogabalo oggi, dopo il ’68, gli anni Settanta, la liberazione sessuale, i figli dei fiori, il femminismo, i diritti dei gay, il pacifismo ecc.? Ecco la domanda.
9. Il sangue dei fratelli. Italici contro Romani, aristocratici contro populares, di Emma Pomilio [aprile 2011] 415 pagine
La trama:
Fausto e Marco si somigliano come due gocce d’acqua e vivono nella stessa casa, ma non sono fratelli. Fausto è uno schiavo, nato da una schiava e – si sussurra – dal padrone, Marco invece è figlio di quest’ultimo e della moglie legittima, ed è l’erede dei nobili Livi Drusi. Il destino dei due giovani sembra già segnato, marchiato nelle loro carni sin dalla nascita, ma la guerra sociale e in seguito la guerra tra Mario e Silla irrompono sovvertendo l’ordine e le leggi degli avi, sparigliando i princìpi che da secoli regolano i rapporti fra uomini liberi e schiavi, aristocratici e populares, Romani e Italiaic.
Durante gli scontri, Tito Livio Druso, il vecchio padre, trova la morte, mentre Marco, accompagnato dal suo schiavo di fiducia, viene inviato a Rodi perché possa sfuggire ai torbidi e formarsi come futuro dominus della prestigiosa famiglia e politico di rilievo. Incurante dei suoi doveri, però, il giovane e viziato rampollo si dà al gioco e agli stravizi, cacciandosi più volte nei guai e riuscendo a salvarsi soltanto grazie all’opera del fedele e coraggioso Fausto.
Ma quando, durante un rocambolesco viaggio per mare, Marco mette a repentaglio la vita di altri schiavi, oltre che la sua, Fausto in preda alla collera lo uccide e, di fronte ai pirati che chiedono il riscatto del giovane nobile, prende il suo posto approfittando della forte somiglianza.
Tuttavia fingere non è facile, soprattutto per un uomo onesto come Fausto: il timore di essere scoperto dalla famiglia di Marco e dalla sua sposa promessa non lo abbandona… e, come se ciò non bastasse, un’ombra del passato del padrone si allunga sulla nuova vita dello schiavo, che – innocente – si trova a doversi difendere da accuse gravissime.
Come già nel Ribelle, con la sua scrittura tesa e precisa come la parabola di un dardo Emma Pomilio ci conduce nei luoghi della Roma antica, che sono quelli del Foro con i suoi retori e dei vicoli della Suburra con le sue prostitute bambine, ma sono anche e soprattutto i luoghi della mente e dell’anima, dove lo scontro fra la difesa della tradizione e la lotta per la libertà infiammava i fratelli contro i fratelli, incendiando le città del Mediterraneo in un rogo che ancora non è spento.
Presentazione dell’autrice:
Il sangue dei fratelli è un romanzo storico e d’avventura, ambientato all’epoca delle guerre civili tra Mario e Silla, uno dei peggiori momenti nella millenaria storia di Roma. Cicerone afferma che fu un’epoca senza onore. I Romani cominciarono a fare politica con il sostegno degli eserciti. I popolari e gli aristocratici si alternarono al governo, e ogni volta il vincitore massacrava gli sconfitti.
Nel romanzo due famiglie, una di popolari e una di aristocratici, che hanno stipulato un’alleanza matrimoniale, tentano di proteggersi reciprocamente nelle varie fasi della guerra e di superare indenni le proscrizioni, con furberia e coraggio, mentre nell’Urbe si alternano a marcire mucchi di cadaveri insepolti di aristocratici o di popolari.
Per me questo è il quarto romanzo. Stavolta avrei voluto come protagonista principale una donna, ma è arduo trovare nell’antichità delle donne le cui vicende si prestino a scrivere un romanzo d’avventura. La vita delle donne si svolgeva al chiuso e la loro qualità più ammirata era il silenzio, il non farsi notare. Quindi il personaggio principale è un uomo, Fausto, ma ci sono comunque delle grandi figure femminili.
Quella che io preferisco è l’anziana domina della famiglia aristocratica, una donna di forte carattere, ritenuta severa e inflessibile, stimata da tutti a Roma. Tra la domina e il protagonista principale Fausto, un piccolo schiavo, si sviluppa un profondo rapporto. È lei che determina il destino di Fausto, mentre è ancora un ragazzino, con la decisione di farlo istruire, dopo avere intuito le sue grandi capacità, la curiosità e l’amore per il sapere.
Il romanzo è ricco di colpi di scena e affronta vari argomenti, ma quello che a me piace particolarmente tra le tante vicende narrate è proprio il legame fra lo schiavo e la donna forte e intelligente che lo scruta.
Il momento del riscatto, quell’unica occasione nella vita, arriverà per Fausto ormai adulto, e sarà l’anziana donna ad aiutarlo e a legittimarlo. Ma lo metterà duramente alla prova. Per conquistarsi il suo posto nell’Urbe Fausto dovrà dimostrarle di possedere coraggio e intelligenza non comuni.
La civiltà romana è stata la più crudele con gli schiavi, ma anche l’unica in cui un dominus poteva liberare uno schiavo e farne un cittadino senza difficoltà. Pensiamo che in Grecia si doveva riunire l’assemblea per accogliere un nuovo cittadino, dunque nei Romani c’era anche generosità nei confronti degli schiavi, non solo crudeltà.
La nobile donna lungimirante rappresenta bene l’apertura mentale della società romana incline a riconoscere le capacità e a dare onore al merito.
Biografie degli autori
Alessandro Defilippi, psicoanalista torinese, ha pubblicato le raccolte di racconti Una lunga consuetudine con Sellerio, e Cuori bui, usanze ignote, con Antigone Edizioni. Per Passigli sono usciti i romanzi Locus animae, Angeli e Le perdute tracce degli dei. Ha collaborato alla sceneggiatura di Prendimi l’anima di Roberto Faenza. Per Einaudi ha pubblicato Manca sempre una piccola cosa (2010).
Franco Forte è nato a Milano nel 1962. Giornalista, traduttore, sceneggiatore. Per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film TV s Giulio Cesare e ha collaborato alle serie “RIS: Delitti imperfetti” e “Distretto di polizia”. Direttore della rivista Writers Magazine Italia, ha pubblicato con Delos Books Il prontuario dello scrittore, un manuale di scrittura creativa per esordienti.
Mauro Marcialis è nato a Roma nel novembre del 1972 e vive a Reggio Emilia dal 1994. Ha esordito nel 2006 per Mondadori Colorado Noir con il romanzo La strada della violenza, riproposto nella collana “Il Giallo Mondadori Presenta”. Nel 2008 è uscito per Piemme il suo secondo romanzo, Io & Davide. Ha partecipato a due antologie di racconti, La legge dei figli (Meridiano Zero) e Anime nere reloaded (Mondadori), rispettivamente con i racconti Foto ricordo e Io, il dolore.
Emma Pomilio è nata ad Avezzano, dove vive. Da anni si dedica allo studio della storia romana. Ha esordito da Mondadori nel 2005 con il romanzo Dominus. Sempre per Mondadori, nel 2008 è uscito il suo secondo romanzo, La notte di Roma.
Nato a Roma nel 1964, laureato in ingegneria, Massimo Pietroselli esordisce nella fantascienza vincendo il premio Urania con il romanzo Miraggi di Silicio (Urania Mondadori 1995), seguito nel 2004 da L’undicesima frattonube (DelosBooks). Nel 2005 vince il premio Tedeschi con un romanzo giallo ambientato nella Roma del 1875, Il palazzo del diavolo (Giallo Mondadori 2005), nel quale compaiono per la prima volta gli ispettori di Pubblica Sicurezza Corrado Archibugi e Onorato Quadraccia, protagonisti de La porta sulle tenebre (Mondadori 2007).
Claudia Salvatori si è laureata con una tesi su santa Caterina da Siena. La sua attività comprende diversi generi letterari e forme espressive: romanzi, sceneggiature per i fumetti e il cinema, racconti per numerose antologie e riviste. Con Più tardi da Amelia ha vinto il premio Tedeschi 1985. Da sempre appassionata di storia antica e medioevale, ha pubblicato per Mondadori la biografia Ildegarda, badessa, visionaria, esorcista.
L.
– Ultimi post su romanzi storici:
- Gli uomini di paglia (Giallo Mondadori 3213)
- L’uranio di Mussolini (Mondadori 2021)
- La pietra di sangue (Il Giallo Mondadori 3199)
- Il traditore di Roma (Newton Compton 2020)
- Il generale di Diocleziano (Piemme 2020)
- I cospiratori di Venezia (Newton Compton 2020)
- L’impero invincibile (Newton Compton 2020)
- Il segreto del mercante di libri (Newton Compton 2020)
- La flotta degli invincibili (Newton Compton 2020)
- L’ultima Tudor (Sperling 2020)
Complimenti Lucius, questa rimane sempre una bella iniziativa
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Ti ringrazio, avevo voglia di ricordare queste opere degne di nota 😉
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