Tag
Adelphi, Anni 2010, Federica Di Lella, Film, francesi, Hitchcock, noir, Pierre Boileau, Thomas Narcejac
Finite le vacanze, torna il brivido più nero che ci sia: Adelphi, dopo I diabolici (2014) e Le incantatrici (2015), ristampa e ritraduce un altro capolavoro classico di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, La donna che visse due volte.
Dal romanzo il film La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock, con James Stewart e Kim Novak.
Grazie al lettore Danilo Arrigoni scopro che il romanzo arriva in Italia già nel 1955 come numero 17 della collana “Romanzo per tutti del Corriere”, con il titolo “Il paese dell’ombra” e la traduzione di M. de Monticelli.
Edito poi da Garzanti nel 1958, come numero 141 della celebre “Serie Gialla“, nel 1977 con la stessa traduzione di Roberto Ortolani il romanzo passa alla Mondadori per “Giallo Cinema” n. 5, poi alla Sellerio nel 2003, “La Memoria” n. 580.
Questo agosto 2016, per la prima volta in 58 anni, il romanzo viene ritradotto nel suo passaggio ad Adelphi, grazie a Federica Di Lella (che sta curando queste riedizioni di Boileau-Narcejac) e Giuseppe Girimonti Greco.
In copertina: Linea sul volto (New York, 1947-1949), foto di Erwin Blumenfeld.
La scheda di Uruk:
La donna che visse due volte (D’entre les morts, 1954) di Pierre Boileau e Thomas Narcejac [agosto 2016] Traduzione di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco
La trama:
Narra la leggenda che la premiata ditta del noir francese formata da Pierre Boileau e Thomas Narcejeac abbia scritto La donna che visse due volte con uno scopo ben preciso: quello di piacere ad Alfred Hitchcock. Una scommessa azzardata, indubbiamente (anche se i due non ignoravano che il regista avrebbe già voluto adattare per lo schermo I diabolici, che gli era stato soffiato da Henri-Georges Clouzot). Come tutti sanno, la scommessa fu vinta, e la storia della enigmatica Madeleine, che sembra tornare «dal regno dei morti», diventò quello che la critica ha definito il capolavoro filosofico di Alfred Hitchcock – e uno dei film più amati dai cinéphiles di tutto il mondo. Quando, molti anni dopo, François Truffaut gli chiederà che cosa esattamente gli interessasse nella storia di questa ossessione amorosa che ha la tracotanza di sconfiggere la morte, Hitchcock gli risponderà: «la volontà del protagonista di ricreare un’immagine sessuale impossibile; per dirlo in modo semplice, quest’uomo vuole andare a letto con una morta – è pura necrofilia». Attenzione però: se è vero che ci si accinge alla lettura del libro avendo davanti agli occhi la sagoma allampanata di James Stewart e il corpo di Kim Novak, a mano a mano che ci si inoltra nelle pagine del romanzo le immagini del film si dissolvono e si impone, invece, potentemente la dimensione onirica, angosciosa, conturbante di Boileau e Narcejac, che sanno invischiare il lettore negli stessi incubi ai quali i loro personaggi non riescono a sfuggire fino all’ultima pagina – e anche oltre.
L’incipit della traduzione di Ortolani (1958-2003):
«Vorrei che tu sorvegliassi mia moglie» disse Gévigne.
«Perché?… ha un amante?»
«No.»
«E allora?»
«Non è facile spiegarlo. È strana… Mi preoccupa.»
«In realtà, che cosa temi?»
Gévigne esitava. Guardava Flavières e Flavières intuiva la sua diffidenza. Gévigne era rimasto proprio come lui lo aveva conosciuto, quindici anni prima, alla facoltà di legge: cordiale, comunicativo, ma nel fondo teso, timido e infelice. Poco prima, aveva sì esclamato, aprendo le braccia: «Il vecchio Roger… sai, sono proprio contento di ritrovarti!» ma Flavières aveva notato subito, d’istinto, la leggerissima goffaggine del gesto, ciò che vi era di un po’ troppo voluto, un po’ troppo rigido. Gévigne si agitava un po’ troppo, rideva un po’ troppo. Non riusciva a cancellare i quindici anni che erano trascorsi e che li avevano fisicamente mutati, l’uno e l’altro. Gévigne era diventato quasi calvo. Il mento gli si era appesantito. Le sopracciglia avevano preso un color rossastro, e vicino al naso gli erano spuntate alcune lentiggini. Flavières, da parte sua, non era più lo stesso. Sapeva di essere dimagrito, di essersi incurvato, ed era inquieto al pensiero che Gévigne gli avrebbe chiesto perché era diventato avvocato, mentre aveva studiato legge per entrare nella polizia.
L’incipit della nuova traduzione di Di Lella e Greco (2016):
«Senti,» disse Gévigne «vorrei che pedinassi mia moglie».
«E perché? Ti tradisce?».
«No».
«E allora?»
«Non è facile da spiegare. Si comporta in modo strano… Sono preoccupato per lei».
«Di che cosa hai paura esattamente?».
Gévigne non si decideva a rispondere. Guardava Flavières, e Flavières intuiva il motivo della sua esitazione: il suo amico non si fidava. Era rimasto identico a quando lo aveva conosciuto, quindici anni prima, alla facoltà di Legge: cordiale, espansivo, ma in fondo ansioso, timido e infelice. Poco prima, per esempio, è vero che gli era andato incontro a braccia aperte esclamando: «Roger, carissimo… Non sai quanto sono contento di rivederti!», eppure in quel gesto Flavières aveva notato subito, d’istinto, un che di innaturale, di leggermente troppo affetatto e rigido. Il suo amico gesticolava unp o’ troppo, rideva un po’ troppo. Non riusciva a nascondere i quindici anni trascorsi, che li avevano fisicamente cambiati entrambi. Gévigne era ormai quasi calvo. Il mento gli si era appesantito. le sopracciglia adesso tendevano al rossiccio, e intorno al naso gli erano spuntate delle lentiggini. Neanche Flavières era più lo stesso. Sapeva di essere diventato più magro, di essersi lievemente ingobbito dopo quello che gli era successo, e sudava freddo al pensiero che l’altro potesse chiedergli come mai lui, che aveva studiato legge con l’idea di entrare in polizia, alla fine si era messo a fare l’avvocato.
Gli autori:
Pierre Boileau (1906-1989) e Thomas Narcejac (1908-1998), entrambi vincitori del Prix du Roman d’Aventures, hanno cominciato a collaborare nel 1948. Frutto di questo sodalizio sono stati numerosi racconti e ben quaranta romanzi, da alcuni dei quali sono stati tratti film di successo come La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock o I diabolici di Henri-Georges Clouzot.
L.
– Ultimi post simili:
- Lo scialle di Marie Dudon (Adelphi 2021)
- Un delitto in Gabon (Adelphi 2020)
- Il signor Cardinaud (Adelphi 2020)
- Il grande sonno (Adelphi 2019)
- La cattiva stella di Simenon (Adelphi 2019)
- Una visita al Bates Motel (Adelphi 2019)
- Marie la strabica (Adelphi 2019)
- La ragazza del Kyûshû (Adelphi 2019)
- Il Mediterraneo in barca (Adelphi 2019)
- Il castello dell’arsenico (Adelphi 2019)
Buonasera, ho scoperto che il romanzo ebbe in realtà una precedente edizione italiana, uscita nel 1955 nel Romanzo per tutti del Corriere numero 17 col titolo “Il paese dell’ombra”. Segnalo solo per evitare, come stava capitando a me, di acquistarlo per errore ritenendolo un’opera differente.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ah, grazie mille per la segnalazione, l’abitudine italiana di stravolgere completamente i titoli ha fatto un altro danno ^_^
Quanto prima aggiornerò il post. Grazie ancora.
"Mi piace""Mi piace"
Ecco, appena aggiornato il post ^_^
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: Bancarelle 2022: colpo grosso! | Il Zinefilo