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Trovato su bancarella questo numero d’annata della collana “I Libri Neri“, il tentativo della Mondadori di rispondere al mare di “nero” in edicola, in realtà spesso null’altro che Italian Pulp.
Presentazione della collana:
Storie drammatiche e realistiche che “scaricano i nervi” del lettore appassionato di “gialli”? Emozioni e intuito poliziesco condensati in un romanzo agile e pulito?
Ecco la nuova risposta di Mondadori alle sempre più numerose richieste degli appassionati del “brivido” ai lettori di narrativa gialla.
I LIBRI NERI
soddisfano queste esigenze e questi lettori, che ritroveranno nella nuova collana poliziesca gli autori famosi del “GIALLO”.
La scheda di Uruk:
10. Gli assassini vogliono il tè (Ticker Than Water, 1959) di Michael Halliday (John Creasey) [1962] Traduzione di Giacomo Fecarrotta
La trama:
Voi volete romanzi sempre più emozionanti, la polizia, d’abitudine, vuole il «fellone» a tutti i costi, e i criminali, in questo romanzo, pretendono tutto. S’installano in casa Royle, un villino alla periferia di Londra, e vogliono persino il tè. Gli assassini pretendono soldi, e pretendono di accamparsi nella casa del dottor Royle e della esterrefatta moglie (che non capisce l’intrusione della strana coppia, installatasi in casa sua, e di cui il marito è succubo). Insomma questi assassini vogliono farla da padroni in casa Royle.
Ecco un romanzo, venato di un sottile, quasi inavvertibile umorismo, eppure drammaticissimo, «nerissimo».
Siete invitati a bere il tè con questi diabolici assassini, i quali hanno architettato un piano veramente « nuovo » per campare in casa Royle e diventar ricchi… senza pagare l’affitto e con tutti i comodi.
Voi volete un romanzo che non deluda, «caldo» al punto giusto, o «freddo da brividi», secondo le pagine, e questo «LIBRO NERO» fa al caso vostro, per distogliervi per qualche ora dalla vostra realtà quotidiana, immergendovi in un «mistero coi fiocchi» (fiocchi neri, naturalmente).
L’incipit:
Margaret Royle scrutava il marito, ignaro di così attento esame, e pensava: «Chissà cos’ha». Lui non l’aveva confessato e tanto meno ne aveva spiegato i motivi, ma che fosse preoccupato, e da un pezzo, era certo. Di recente, poi, la cosa era diventata ancor più evidente. Tanto da farla stare proprio in pena. Potevano essere giudicati all’antica, ma tra loro, segreti non ce n’erano mai stati.
Almeno, così s’illudeva Margaret.
Certo, Rex era ancora un bell’uomo. Sentì quasi una fitta di gelosia, ma reagì. Niente di più assurdo, si disse. Poteva esser gelosa di uno stato d’animo? Anche se si fosse trattato d’angoscia? Si poteva esser gelose d’una tensione ansiosa, per quanto circondata da mistero?
Una relazione, un’altra donna? Nemmeno per sogno.
Margaret vagliò l’opportunità di costringerlo a parlare; di affrontarlo, occhi negli occhi, e chiedergli:
«Non vuoi proprio dirmi cos’hai, tesoro?» Lo guardò. Seduto al tavolino della colazione, suo marito aveva lo sguardo fisso oltre la finestra. Lo vedeva di profilo, un profilo che non sapeva perché riuscisse a sembrare così bello, riflesso nel lungo specchio che lei aveva fatto montare nella stanza per darle più luce.
Stringendo le labbra, Rex conferiva al suo volto una espressione così tesa, che la solida mascella pareva ancor più forte.
— Ancora caffè, Rex? — gli chiese Margaret.
Lui sussultò e poi si volse.
— Sì, ma mezza tazza — rispose con un sorrisetto forzato: lui, che di solito era il più spontaneo degli uomini; contrario ad ogni finzione, fingeva quasi con naturalezza.
L.
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