La EPI (Edizioni Periodici Italiani) diretta da Ennio Mancini nel 1966 presentava la collana quindicinale “I Super Gialli dell’Ossessione“.
Renato Carocci si nascondeva dietro uno pseudonimo americano per questo romanzo.
La scheda di Uruk:
73. Un sorriso nel buio (Chicago Squeeze) di Harry Carren [30 maggio 1966] Testo italiano di Renato Carocci
La trama:
È una storia triste e dolorosa, che difficilmente si può concepire, ma purtroppo ancora oggi nell’era in cui viviamo, possono accadere delle cose per cui sia le forze dell’ordine, che della stampa non possono intervenire contro i maledetti «spremitori», se non hanno contro di essi prove e testimonianze.
Riusciranno a rompere quel muro del silenzio creato dal terrore, e riusciranno a porre fine a questa storia e a sterminare il «racket»?
L’incipit:
Irvin Coole gettò la matita sul tavolo. Guardò l’orologio. Le quattro del mattino. Poteva finalmente andare a dormire.
Il giornalista si alzò ed afferrò la giacca, posata sulla spalliera della sedia. La gettò sulle spalle e si avviò verso la grande porta a vetri che separava le scale da quella enorme stanza rimbombante di battute di macchina per scrivere e squilli di telefono.
— Irvin, te ne vai già? — chiese il correttore di bozze, alzando il naso adunco dal suo lavoro.
— Non vorrai mica farmi fare l’alba, vero? Sì che ci manca molto…
— Fortunati voi redattori. Vi togliete dai piedi prima di vedere l’edizione stampata.
— Non sempre. Ma non ce qualcosa di tanto importante da seguire in stampa. Del resto, tu e i tuoi compagni siete qui proprio per permetterci di andare a dormire, no?
Ridacchiò e aprì il battente che pareva dovesse rompersi ogni volta che qualcuno passava la soglia.
Scese le scale saltellando. Era sempre così quando l’idea del letto diventava una cosa reale, vicina… Non che fosse abituato a poltrire a lungo. Ma le quattro del mattino, ogni giorno… In più, c’era il tratto dalla Island Avenue, angolo Sessantasettesima strada, al Douglas Blv., dove abitava. La vecchia Plymuth funzionava ancora ma, ogni tanto, era costretto a lasciarla da un meccanico per guasti «di vecchiaia», come li chiamava Jack, il garagista che gli faceva i lavori a poco prezzo.
L’aria della notte sapeva di carne macellata. L’orribile odore di quella città, Chicago, un odore al quale era difficile abituarsi completamente. A volte, se c’era un po’ di vento, l’odore se ne andava, si dissipava un po’. Altre, con l’aria umida e stagnante, era un qualcosa di nauseabondo…
Irvin lasciò alle spalle il palazzo del Chicago Daily e si diresse verso il parcheggio non lontano. La sua era la sola macchina in sosta, a quell’ora.
Il giornalista cercò le chiavi. Non le trovava mai. Eppure, si diceva un abitudinario, voleva ogni cosa al suo posto… In che accidenti di tasca le aveva infilate? No, quelle erano di casa… Eccole. Al solito, nel taschino posteriore dei pantaloni. Ma non se lo ricordava che dopo aver ispezionato ogni altro contenitore fisso del suo vestito.
L.
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