Continua per tutto dicembre l’iniziativa di presentare solo romanzi di Natale!
Ogni genere, ogni autore, ogni nazionalità troverà spazio: non esitate a segnalarmi titoli, che vi ringrazierò nei relativi post.
La scheda di Uruk:
Un Natale di Maigret e altri racconti (2015) di Georges Simenon [2015] Traduzione di Marina Di Leo
– Nessuno ammazza un poveraccio (On ne tue pas les pauvres types, da “Œuvres libres”, luglio 1947)
– Il cliente più ostinato del mondo (Le client le plus obstiné du monde, 1947)
– Un Natale di Maigret (Un Noël de Maigret, 1951)
La trama:
«Nessuno ammazza un poveraccio, che diamine! Oppure li si ammazza in serie, si fa una guerra o una rivoluzione. E se capita che un poveraccio si ammazzi con le proprie mani, non lo fa certo con una carabina ad aria compressa mentre si sta massaggiando i piedi. «Se almeno Tremblet avesse avuto un nome straniero, invece di essere banalmente del Cantal! Si sarebbe potuto supporre che appartenesse a chissà quale società segreta del suo Paese… «Insomma, quel Tremblet non aveva affatto le caratteristiche di uno che muore assassinato! Ed era proprio questo a rendere tutto più angosciante: l’appartamento, la moglie, i ragazzini, il marito in camicia e quel proiettile che aveva fatto psst…».
L’incipit di “Un Natale di Maigret”:
Ogni volta era la stessa storia. Di sicuro, mettendosi a letto aveva mormorato:
«Domani mi alzo tardi».
E la signora Maigret l’aveva preso alla lettera, come se gli anni non le avessero insegnato niente, come se non sapesse che non bisognava dare alcun peso a quelle frasi buttate lì tanto per dire. Anche lei avrebbe potuto farsi una bella dormita. Non aveva alcun motivo di svegliarsi presto.
Eppure era ancora l’alba quando Maigret l’aveva sentita rigirarsi con cautela tra le lenzuola. Lui non aveva mosso un muscolo, sforzandosi di respirare in modo regolare e profondo, come se dormisse. Era una specie di gioco. Gli piaceva sentirla avanzare verso il bordo del letto, con cautela felina, immobilizzandosi dopo ogni movimento per accertarsi che non si fosse svegliato. Il momento che Maigret aspettava sempre con il fiato sospeso era quello in cui le molle del letto, sgravate dal peso della moglie, si distendevano con un lieve rumore simile a un sospiro.
Allora la signora Maigret prendeva i vestiti dalla sedia e apriva con infinita lentezza la porta del bagno. Solo dopo, quand’era ormai lontana, in cucina, cominciava a muoversi normalmente.
Lui si era riaddormentato. Un sonno leggero e piuttosto breve. Giusto il tempo di fare un sogno confuso e perturbante. In seguito non riuscì a ricordarselo, ma sapeva che era perturbante, e gli aveva lasciato addosso una sorta di ipersensibilità.
Dalle tende, che non combaciavano mai perfettamente, filtrava una lama di luce livida e accecante. Maigret rimase a poltrire ancora un po’, disteso sulla schiena, con gli occhi aperti. Gli giunse l’odore del caffè, e quando sentì richiudersi la porta di casa capì che la signora Maigret stava facendo una scappata fuori per comprargli i croissant caldi.
L.
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