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Numero d’annata di “Segretissimo” (Mondadori) dell’epoca della gestione Laura Grimaldi.

La copertina è come di consueto firmata da Carlo Jacono.

La scheda di Uruk:

944. Pensa un numero (The Sandbaggers: Think of a Number, 1980) di Donald Lancaster [4 luglio 1982] Traduzione di Sem Schlumper
* [romanzo ispirato alla serie TV britannica The Sandbaggers di Ian Mackintosh]
Inoltre contiene il saggio: [I Segreti del Potere] Salvemini era una spia? di Giorgio Galli
Inoltre contiene i racconti:
La collezione di distintivi [Jeffrey Rand] (The Spy Who Collected Lapel Pins, da “EQMM”, marzo 1976) di Edward D. Hoch – Traduzione di Alberto Farina
La flotta fantasma [generale Samuel Besserley] (The Phantom Fleet, da “The Strand Magazine”, settembre 1934) di E. Phillips Oppenheim – Traduzione di Grazia Alineri

La trama:

Lekarev, agente del KGB numero 50: una delle migliori spie che operano in Europa, tanto abile da essere riuscito a infiltrare lo stesso cuore del governo inglese. Ma anche per uno come Lekarev può arrivare il momento della paura, e allora, quale alleato migliore del capo del servizio segreto inglese? Burnside, il funzionario accorto e disponibile, che svolge il ruolo di protettore dell’agente russo che tutti vorrebbero liquidare. E, alla fine, Wallace e Caine, che seguono l’ombra di Lekarev e di Burnside per tutto lo scacchiere europeo con una missione ben precisa: uccidere un vecchio amico.

L’incipit:

Il mattino del più funesto giorno della sua vita, Lekarev aveva freddo, fame e la barba ispida, ma era soprattutto solo. Ritto in una cabina telefonica in riva al Lemano, in una Ginevra già invernale a metà dell’autunno, si passò una mano senza guanto sulla fronte, prossimo a impazzire se avesse ascoltato ancora il segnale di “libero” dell’apparecchio. Abbassò il gancio per poi formare a caso una serie di numeri che provocarono nell’auricolare una crepitante protesta elettronica.
Dopo due ore passate in piedi nella cabina fingendo di telefonare, lo stimolo vago della vescica era divenuto straziante bisogno. Ore sei e cinquanta; mentre i ginevrini facevano beatamente colazione a base di caffelatte e croissant nel caldo delle loro case, rare auto della polizia pattugliavano le strade della città, una delle più sicure al mondo. Riappesa la cornetta, Lekarev si sforzò di ricordare un numero qualsiasi, dal quale ricevere se non altro il conforto d’una voce, sia pure registrata. C’erano le guide: ma in francese, tedesco e italiano e lui non le sapeva leggere. Infilò la mano libera fra due di quei volumi, per scaldarsela, e il contatto gli diede un sollievo patetico, sensuale. Passò una macchina di rappresentanza, che sfilò lenta, solenne? come il suo passeggero, e Lekarev si riattaccò al telefono, premendo la cornetta all’orecchio con tanta forza che il segnale di “libero” gli vibrò in tutto il corpo. Lo sopraffece di colpo tutto il peso dei suoi cinquantatré anni, e aggrappato così all’apparecchio si augurò di potervisi infilare, e nascondere, come nel tepore protettivo di un utero.
Gli lacrimavano gli occhi e il cuoio delle scarpe strette gli torturava dita e calcagni. Gli arrivava anche il rivoltante fetore dei calzini, intrisi di sudore. E d’un tratto, gli parve di avere le mani inguantate di sudiciume fino ai polsi.
“Solo.” L’idea dell’abbandono lo fece sussultare e per lo spavento e la pietà di sé gli venne nausea. Passò un’altra macchina, stavolta una vettura più piccola, italiana, uno degli ultimi giocattoli per i ricchi borghesi, con a bordo una ragazza che si chinava ridendo a dire qualcosa al conducente mentre regolava uno dei bottoni del cruscotto, forse quello del volume della radio. Riagganciò la cornetta per l’ennesima volta; fissò ancora la cassetta trasparente delle monete, nella speranza di distinguerne almeno una, da poter studiare attentamente per distrarsi.

L.

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