La Marsilio, nella sua collana “GialloSvezia“, porta in libreria un thriller di un’autrice danese.
Dopo Nessuno conosce il mio nome, Il bacio del traditore e L’arte di morire, ecco la quarta indagine del Detective Calvo.
La scheda di Uruk:
Questioni di famiglia [Detective Calvo 4] (Den skaldede detektiv, 2010) di Anna Grue [16 maggio 2019] Traduzione di Eva Valvo
La trama:
Impegnato a contrastare uno stalker che tormenta la sua fidanzata, Dan Sommerdahl – brillante ex pubblicitario che ha deciso di indossare i panni dell’investigatore privato – viene contattato da un politico in vista che chiede il suo aiuto. Due dei suoi figli sono morti in circostanze poco chiare esattamente ventisette giorni dopo il loro sedicesimo compleanno. Una coincidenza inquietante, e ora che anche Malthe, il terzogenito, sta per compiere sedici anni, l’ansia cresce. Dan si trova così a indagare in una provincia danese solo apparentemente idilliaca, alla ricerca di un possibile movente nel passato di quella sventurata famiglia. Quando crede di essere finalmente vicino alla verità, a pochi giorni dalla data fatidica, Malthe parte: insieme ad altri settantamila ragazzi, si prepara a seguire il leggendario festival rock di Roskilde. Come sarà possibile trovarlo, in mezzo a una folla scatenata di giovani storditi dalla musica e dall’alcol, prima che lo faccia l’assassino? Per il Detective Calvo comincia il conto alla rovescia
L’incipit:
Mogens mise il taccuino rosso con dentro la penna nello zaino giallo Fjällräven, insieme al portafoglio, alla macchina fotografica digitale, a una banana, un tubo di biscotti, un bicchiere di plastica e una bottiglietta di coca piena di acqua del rubinetto.
Aveva voglia di tornare a casa, di starsene tranquillo in soggiorno a guardare una puntata di Violette bianche in DVD. La tentazione era forte. Era venerdì e la giornata era stata faticosa, ma lui aveva una responsabilità. Ora che il Calvo se n’era andato, la Bontà era rimasta sola.
Mogens doveva dimostrarsi affidabile. Si avviò lungo il sentiero che attraversava l’area per cani di Nørrevold. Da una delle panchine si vedeva il portone della Bontà, ammesso che non ci fossero camion o autobus fermi sulla strada. Guardò l’orologio. Poteva sedersi un po’ e riposare le gambe. Se la Bontà doveva uscire, avrebbe impiegato almeno un’ora per prepararsi. Ormai la conosceva.
Si mise a mangiucchiare la banana, con gli occhi fissi sul portone a una cinquantina di metri di distanza. Era capace di rimanere così per ore, quasi senza muoversi. E raramente veniva disturbato, perché pochissimi avevano voglia di rivolgersi a quel piccoletto con la giacca a vento e lo zaino giallo. Certo, era sempre pulito e ordinato, indossava abiti lavati di fresco e aveva i capelli pettinati con cura, a coprire la pelata. Eppure c’era qualcosa in lui che lo faceva sembrare diverso. E il fatto che ogni tanto mormorasse tra sé non aiutava. A molte persone incuteva tanta paura quanta ne incutevano loro a lui.
Fatta eccezione per la Bontà, ovvio. Loro due non avevano paura l’uno dell’altra. Mogens l’aveva conosciuta come Anita nella serie Violette bianche e aveva capito subito che era una persona buona. Nei quattro anni di trasmissione televisiva l’aveva seguita tra innamoramenti, delusioni, una gravidanza, una morte perinatale e un divorzio. Si era immedesimato in lei come non gli era mai successo con nessuno nella vita reale. Terminata la serie, aveva comprato subito il cofanetto con i DVD per poter ricominciare da capo quando voleva. Cioè molto spesso. Per un periodo aveva visto Violette bianche quasi ininterrottamente, dalla mattina alla sera.
Pian piano Mogens aveva intuito che Anita gli mandava dei messaggi in codice, e alla fine ne aveva avuto la certezza. Di solito erano richieste di aiuto e protezione, cui avrebbe risposto volentieri, se solo avesse potuto. Lei era in televisione, lui fuori. Così aveva deciso di cercarla nel mondo reale, dove il suo nome era Kirstine Nyland. L’aveva trovata nell’elenco telefonico, e non aveva avuto grossi problemi a rintracciarla, osservarla e chiederle un autografo: un’ottima copertura per il suo vero compito, la sua missione segreta.
L’autrice:
Anna Grue (1957) è la più nota autrice di genere danese. Giornalista e scrittrice, ha raggiunto il successo con la serie del Detective Calvo, di cui Marsilio ha già pubblicato tre episodi: sempre ai primi posti in classifica in Danimarca e candidata al Prix Sncf du polar in Francia, la serie è stata tradotta in tutti i principali paesi europei e Dan Sommerdahl è diventato un beniamino del pubblico, celebrato dalla stampa per la sua arguzia e il suo calore. Anna Grue ha tre figli e vive con il marito nei pressi di Copenaghen.
L.
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