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Trovato anni fa su bancarella questo romanzo dell’universo di Star Trek, uscito in Italia per la mitica Garden Editoriale grazie all’azione di Annarita Guarnieri, che ho intervistato nel 2016.
Dopo la serie classica, ecco la collana “Star Trek Serie Argento“.

Vi ricordo l’intervista del 1987 all’autrice J.M. Dillard.

L’illustrazione di copertina è firmata da Denicolai.

La scheda di Uruk:

5. Star Trek: Intrigo galattico (Bloodthirst, 1987) di J.M. Dillard (Jeanne M. Kalogridis) [maggio 1992] Traduzione di Annarita Guarnieri

La trama:

Un’emergenza medica di prima classe chiama l’astronave Enterprise a Tanis, avamposto della Federazione. Ma qui li attende un’orribile sorpresa. Due dei tre ricercatori del laboratorio sono morti e i loro corpi prosciugati fin quasi dell’ultima goccia di sangue. Qual è la causa? Qual è lo spaventoso mistero che incombe su Tanis? Non ci sono indizi. Nessuna traccia del lavoro che i ricercatori stavano svolgendo. Nulla di nulla. L’unico superstite dell’avamposto è il dottor Jeffrey Adams, un uomo con un segreto che potrebbe far tremare la Flotta Stellare fin dalle fondamenta… e portare la morte anche a bordo dell’Enterprise.

L’incipit:

Yoshi si svegliò con la consapevolezza che in un momento imprecisato, durante il sonno, era maturata in lui la decisione di uccidere.
Aprendo gli occhi scorse intorno a sé il tremolante chiarore giallastro che emanava dalla candela parzialmente consumata posta nella lampada d’emergenza, e sperimentò un momento di disorientamento in cui temette di essersi svegliato nel secolo sbagliato, prima di ricordare di trovarsi nell’alloggio di Lara; la sua successiva sensazione fu quella del dolore alla mascella, derivante dal fatto che si era addormentato in posizione seduta, con un lato della faccia premuto contro la dura superficie dello scrittoio a saracinesca.
Non era riuscito a indursi a sdraiarsi sul letto di lei.
La lingua gli si era appiccicata all’interno della bocca al punto da dargli l’impressione che fosse fatta di lana, e lui sussultò nel liberarla, sentendo pezzi di morbida pelle membranosa che rimanevano attaccali a essa.
Il dolore ebbe l’effetto di risvegliare la sua ira. Aveva appena sognato Reiko e poteva ancora avvertire l’amarezza che aveva pervaso il suo sogno: ira contro di lei per averlo lasciato, furia dovuta al fatto che adesso non era lì al suo fianco, proprio quando più aveva bisogno di lei. Morire da solo era una cosa crudele, e in questo momento Yoshi desiderava più che mai averla accanto, al punto che gli parve di vederla seduta di fronte a lui, lì nell’alloggio di Lara, con il viso ridente, gli occhi luminosi e i capelli lucidi. I suoi occhi erano limpidi come vetro ambrato, così trasparenti che poteva vedere fino in fondo a essi, proprio come durante la loro luna di miele aveva potuto vedere attraverso le azzurre acque al largo di HoVanKai e scorgere i piccoli pesci che si agitavano intorno ai suoi piedi. Aveva sempre potuto leggere in quegli occhi… vi aveva visto la gioia quotidiana con cui lei lo accoglieva, poi il dolore per la morte della loro figlia nata da poco. E, mentre avrebbe potuto sopportare il proprio dolore, non aveva saputo reggere a quello che scorgeva negli occhi di Reiko. Eppure perfino allora era parso che lei lo amasse ancora.
L’immagine di Reiko smise di ridere, e contro la sua volontà Yoshi tornò a vederla com’era quel giorno in cui lo aveva affrontato con quell’espressione dolce negli occhi… un ricordo per lui ancor più angoscioso di quello del giorno in cui la loro bambina era morta… e in essi non c’era più stato nulla da vedere. Nulla per lui, nulla tranne una nuova, strana passività che aveva destato nel suo animo il desiderio di urlare.
“In che modo ti sono venuto meno?” si chiese. “Che cosa ho fatto? Che cosa ho dimenticato di fare?”
Era sempre stato così con il male presente nella sua vita: lui non aveva mai fatto nulla per provocarlo e tuttavia il male non aveva mai cessalo di perseguitarlo. Era stato un figlio modello, uno studente modello, un marito e un lavoratore modello, non aveva mai causato direttamente dolore a nessuno e tuttavia il male aveva sempre trovato il modo di scovarlo. Prima la perdita di sua madre, poi la perdita diversa subita con Reiko, e ora essere costretto a uccidere… e a morire… per qualcosa che non era colpa sua.
La sua destra si serrò intorno allo scalpello con una tale forza da far sbiancare le nocche, ma Yoshi quasi non si rese conto di averlo in mano, di essersi tenuto aggrappato a esso durante tutta la lunga notte dal sonno agitato e interrotto, perché dentro di sé era pervaso dal desiderio di vendetta, per sua madre, per se stesso… anche se sapeva che per lui non ci sarebbe stata vendetta. Per sua madre, forse, se fosse morto in maniera tranquilla, e per amor suo avrebbe preso questa alternativa in debita considerazione.

L.

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