Prima di darlo via schedo questo numero de “Il Giallo Mondadori“, nell’epoca della direzione di Gian Franco Orsi.
L’illustrazione di copertina è firmata, come sempre, da Carlo Jacono.
La scheda di Uruk:
1931. Il sergente Beef fa quadrato [Sergente Beef 5] (Case with Ropes & Rings, 1986) di Leo Bruce (Rupert Croft-Cooke) [2 febbraio 1986] Traduzione di Maria Luisa Bocchino
– Inoltre contiene:
[Giallo Cinema] La maschera della morte, di Massimo Moscati
– Inoltre contiene il racconto:
L’orgoglio della signora Williams (The Pride of Mrs. Williams, da “EQMM“, gennaio 1986) di Dori MacDonald
La trama:
Un cadavere in una palestra, impiccato e con una scarpa slacciata, è già di per sé curioso. Se poi la porta della palestra è chiusa a chiave, allora c’è di che far funzionare le meningi, soprattutto se si è convinti, come lo è il sergente Beef, che non si tratti di suicidio, ma di omicidio. Come se non bastasse, sempre in una palestra, viene trovato un secondo cadavere, nelle stesse circostanze. Solo che su questo cadavere ci sono due fili di lana, uno giallo e uno rosso, e un brandello di carta con una frase con sopra scritto: “La vita è sogno”. Beef, comunque, non si scompone e, seguito dal suo riluttante biografo Townsend, trova anche il tempo, fra un’indagine e l’altra, di frequentare i pub, di fare interminabili partite a freccette e di bere enormi boccali di birra. Tanto, sa che è solo con la pazienza che riuscirà ad arrivare a capo del misteriosissimo caso delle due palestre.
L’incipit:
Erano passati quasi tre mesi da quando Beef aveva avuto un caso da risolvere. Il sergente, che ha la sua pensione e i suoi risparmi, non sembrava preoccuparsene molto, ma io che devo guadagnarmi da vivere raccontando le avventure di un investigatore, cominciavo a stare in pensiero.
Avevo fatto diversi tentativi per trovargli un lavoro, ma erano stati frustrati da varie circostanze. Per esempio, quando c’era stato un bel delitto nello Shropshire, la moglie dell’assassinato aveva spiegato aspramente che non avrebbe mai permesso che l’assassinio di suo marito, commesso con un’ascia da macellaio, diventasse il soggetto di un romanzo. Un’altra volta, un parroco di Norfolk che stava passando un sacco di guai nella sua parrocchia a causa di un diluvio di lettere anonime, aveva scosso tristemente la testa. «La pubblicità, mio caro signore, la pubblicità!» E Beef aveva detto che capiva perfettamente le sue ragioni. Così si cominciava ad avere l’impressione che, nonostante il suo successo nel caso Circus, Beef fosse di nuovo al punto di partenza e che nessuno lo prendesse sul serio, come ai vecchi tempi.
Lui non mancò di lamentarsene con me.
— È per via di come scrivi — disse. — Se mi presenti in chiave grottesca, come puoi aspettarti che la gente mi prenda sul serio?
Cercai di spiegargli che proprio la mia interpretazione delle sue gesta, un’interpretazione che io avevo sempre considerato piuttosto spiritosa, dava ai nostri romanzi il discreto successo che avevano.
— Sarà — disse Beef — però non mi fa ottenere nuovi casi. — E per il momento sembrava che avesse ragione.
L’autore:
Leo Bruce è lo pseudonimo di Rupert Croft-Cooke. Lo scrittore inglese è nato a Edenbridge, nel Kent, il 20 giugno 1903. Ha studiato alla Tonbridge School, al Wellington College e all’Università di Buenos Aires. Dal 1923 al 1924 ha fondato e diretto, a Buenos Aires, la rivista “La Estrella”. Dal 1929 al 1931 ha fatto l’antiquario. Dopo aver svolto attività di lettore presso l’istituto Montana di Zugeberg, Svizzera, dal 1946 al 1953 ha tenuto una rubrica di critica letteraria su “The Sketch”. Ha creato due personaggi: il sergente William Beef e Carolus Deene. Leo Bruce è morto il 10 giugno 1979.
Il protagonista del romanzo
Il sergente William Beef nasce nel 1935 con il romanzo A Case for Three Detectives (“Un caso per tre detective”; G.M. 1786). Ecco la prima descrizione: “Era un omone dal viso rubizzo, sulla cinquantina, con incolti baffi rossicci e l’aria gioviale di chi ha alzato un po’ troppo il gomito…”. Altrove è descritto come “… il più plebeo degli investigatori letterari”. Altra definizione “… non era un gentiluomo…”. Ma in fondo Beef non finge nemmeno di esserlo. Lui è sempre e soltanto se stesso. Affronta i casi con l’entusiasmo di un bambino e, anche se il suo cronista Townsend a volte ha la sensazione che agisca a casaccio, possiede comunque urta “mente stranamente ordinata”.
Nel romanzo del suo esordio, per esempio, asserisce di basarsi solo sui sistemi di polizia e, circa a pagina 50 dice di sapere già chi è l’assassino. Ma nessuno, ovviamente, gli crede. A volte, invece, assume atteggiamenti di enigmatica superiorità, ad imitazione dei grandi detective. Diffida di tutti, non crede nell’indagine scientifica. Crede soltanto, e fermamente, nel proprio buon senso.
“Tutti i romanzi con Bruce” scrive il critico Earl F. Bargainnier “sono versioni in chiave satirica della detective-novel di marca britannica. Il contrasto tra lo snob Townsend, il narratore e il plebeo Beef, e le loro dispute sui casi di cui si occupano sono le armi di cui Bruce si serve per prendere in giro il genere giallo. Ma nello stesso tempo i complicati e impeccabili mystery che Beef risolve sono talmente ben congegnati che vanno al di là della satira. Anzi, sono superbi esempi di narrativa poliziesca…”
L.
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