Prima di darlo via, schedo questo volume della storica collana “Grandi Tascabili Economici” (Newton Compton).
In copertina: L.M.A. Linant de Bellefonds, Scavi presso il grande tempio di Ramsete II, Abu Simbel, 1819.
La scheda di Uruk:
379. L’archeologia dell’Egitto antico (The Archaeology of Ancient Egypt, 1972) di T.G.H. James [27 marzo 1996] Traduzione di Celso Balducci
Presentazione della collana:
Un modo nuovo di intendere i tascabili. Volumi eleganti, curati nel contenuto e nella veste tipografica, di grande formato ma al prezzo più economico. Una collana per offrire al pubblico più vasto i grandi libri che non tramontano.
La trama:
Da quando, nel 1882. Jean-François Champollion pubblicò i primi risultati sulla decifrazione dei geroglifici egiziani, la conoscenza dell’antico Egitto è stata oggetto di continui e complessi studi. Questo volume, partendo dall’illustrazione delle grandi scoperte archeologiche, narra gli episodi più interessanti dei loro scavi: da quelli di Flinders Petrie, che raccolse numerose notizie sulla preistoria dell’Egitto, a quelli di Howard Carter, che scoprì la tomba intatta del bambino Tutankhamun, e di Bernard Bruyère, che ritrovò le rovine di un villaggio di operai addetti alla costruzione e alla decorazione delle tombe reali della Valle dei Re.
Una ricostruzione appassionante delle tappe fondamentali percorse dagli egittologi nell’analisi e nello studio dei dati forniti dai ricercatori: un viaggio affascinante alla scoperta della civiltà dell’antico Egitto.
L’autore:
T.G.H. James, laureato a Oxford in egittologia, ha lavorato per molti anni al British Museum di Londra come Assistente nel reparto Antichità Egiziane. Ha partecipato a numerose campagne di scavi e spedizioni archeologiche in Egitto.
L’Indice:
7 Prefazione
9 1. Profilo della storia egiziana
21 2. Gli inizi della vera archeologia
30 3. Alla scoperta delle piramidi
42 4. Un trionfo dell’archeologia metodica
56 5. Un grand’uomo e la sua proprietà
65 6. La cacciata degli Hyksos
79 7. Una sepoltura d’oro
93 8. Gli artefici della casa dell’eternità
105 9. I problemi di Tanis
116 10. I tori sacri di Menfi
130 11. La decifrazione dei geroglifici
141 12. I tesori d’argento dei barbari
152 Conclusione
154 Indicazioni bibliografiche
155 Indice dei nomi
L’incipit della Prefazione:
La storia dell’Egitto ha avuto inizio più di cinquemila anni fa, ma lo studio scientifico delle sue antiche vestigia, che si suole chiamare Egittologia, è nato soltanto centocinquant’anni or sono. Nel settembre del 1822 un giovane, distinto studioso francese, Jean-François Champollion, presentava all’Accademia di Parigi i primi risultati delle sue decifrazioni di geroglifici egiziani. Da quel momento le conoscenze sull’antico Egitto cominciarono ad accrescersi e, con l’andar del tempo, studiosi di tutti i generi hanno concorso a questa crescita.
Tra questi studiosi, gli scavatori sono quelli che hanno fatto le scoperte più spettacolari. Già prima che Champollion pubblicasse i suoi importantissimi risultati, vi era, in Egitto, chi lavorava sul terreno, esaminando i monumenti visibili e tentando una specie di scavi. Fra questi primi « scavatori » si distingueva un certo Giovanni Belzoni, che, con i suoi metodi e le sue concezioni, rappresenta il prototipo di quei cercatori di tesori che, agli inizi del diciannovesimo secolo, saccheggiavano le località archeologiche dell’Egitto. Egli aveva principalmente lo scopo di trovare oggetti d arte, sculture soprattutto, perché arricchissero la collezione privata del suo committente od anche, col tempo, perché entrassero in un museo pubblico. A tal fine non andava troppo per il sottile nell’applicazione dei suoi metodi: per lui l’ideale era un risultato spiccio e se, nel ricuperare la statua di un re, distruggeva una parte di materiali antichi, non dava troppo peso alla cosa.
Ma Belzoni ed i suoi contemporanei lavoravano in larga misura all’oscuro. Non sapevano leggere le iscrizioni nelle tombe che scoprivano, né i nomi incisi sulle statue che disseppellivano. Gli Egiziani erano, fra tutti i popoli dell’antichità, i più ossessionati dalla parola scritta. Una statua senza nome non rappresentava nessuno, un edificio senza iscrizione era privo ai significato. Per questo ogni cosa era ricoperta di testi esplicativi, incisi nella particolare scrittura egiziana, detta geroglifica Finché i geroglifici non furono decifrati, gli studiosi dell’antichità non ebbero che una pallida idea della storia e della vita degli antichi Egiziani.
L’incipit:
Profilo della storia egiziana
Nel quinto secolo a.C. uno scrittore greco di Alicarnasso in Asia Minore si recò in Egitto per raccogliervi elementi di prima mano per la storia delle Guerre Persiane che aveva in preparazione. Questi, che si chiamava Erodoto, viene spesse volte definito «Padre della Storia». Il libro che poi scrisse era vivo e ricco di notizie; egli aveva raccolto con cura il materiale, ponendo domande sensate ed ascoltando con attenzione. In Egitto, lavorando per mezzo di interpreti o racimolando dai Greci residenti sul posto i fatti che lo interessavano, raccolse una massa quanto mai composita di notizie. Non aveva modo di verificare quanto gli veniva detto e, siccome aveva un debole per i bei racconti, era sempre pronto a prender nota delle storie degli antichi re d’Egitto, che avevano più di leggenda che di realtà. Grazie alle più ampie conoscenze di oggi, noi possiamo, nell’ opera di Erodoto, distinguere il vero dal romanzesco. I suoi fatti sono spesso esatti, più spesso sono quasi esatti, ma, di quando in quando, sono grossolanamente errati. Talvolta si può discernere dov’è che ha mal interpretato i suoi informatori; qualche volta ha sbagliato per aver tentato di razionalizzare alcuni elementi improbabili di quei racconti, cose che intuiva che non potevano essere accadute. Tuttavia, in linea generale, Erodoto non è una cattiva fonte per la storia dell’Egitto, ma solo una fonte inadeguata.
I Greci erano affascinati dall’Egitto, ma erano molto mal informati sul paese e soprattutto sulla sua storia. È probabile che 1 inadeguatezza delle loro conoscenze riflettesse in larga misura l’atteggiamento di noncuranza degli stessi Egiziani nei confronti della propria storia. Per quanto ne sappiamo, gli Egiziani dei grandi periodi dell’antichità non scrivevano narrazioni storiche del genere che siamo abituati a leggere. Negli archivi templari e reali si conservavano elenchi di re: l’elenco, se steso nel giusto modo, conteneva, oltre ai nomi, le durate dei regni, ma quando era inciso sulle mura di un tempio portava soltanto i nomi. Questi elenchi davano a mala pena il nudo scheletro della storia, tanto più che, di solito, venivano resi di pubblico dominio dopo averne escluso i re scarsamente degni di menzione o indegni.
L.
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