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Prima di darlo via, schedo questo volume della storica collana “Grandi Tascabili Economici” (Newton Compton).

L’edizione si basa su quella Newton Compton del 1982.

In copertina: Piatto d’argento parzialmente dorato raffigurante Shapur II che caccia un leone.

La scheda di Uruk:

447. L’impero persiano (History of the Persian Empire, 1948) di A.T. Olmstead [24 settembre 1997] Traduzione di Giorgio Milanetti

Presentazione della collana:

Un modo nuovo di intendere i tascabili. Volumi eleganti, curati nel contenuto e nella veste tipografica, di grande formato ma al prezzo più economico. Una collana per offrire al pubblico più vasto i grandi libri che non tramontano.

La trama:

Prima di quello macedone e di quello romano, l’impero persiano fu il più grande dell’antichità: al centro delle maggiori vie di comunicazione tra l’Oriente e l’Occidente, fu cruciale punto di incontro delle principali culture. In queste pagine, che illustrano dettagliatamente ogni aspetto della vita nell’antica Persia – dalla politica alla religione, dalla scienza alla letteratura, dalla società all’amministrazione, dalla lingua ai miti – viene ricostruita la storia del periodo più importante dell’impero, dal momento in cui Ciro estese alla Media il dominio persiano fino alla caduta della capitale Persepoli, conquistata da Alessandro Magno.

L’autore:

Albert Oimstead, storico statunitense, rivolse i suoi studi principalmente al Medio Oriente. Professore presso l’Istituto Orientale dell’Università di Chicago, pubblicò opere considerate fondamentali per la storiografia contemporanea, tra cui History of Palestina and Syria e History of Assiria.

L’Indice:

7 Prefazione di Angelo M. Piemontese
13 Capitolo I. Le origini dell’Iran
29 Capitolo II. Ciro, il fondatore
51 Capitolo III. Il campo dei Persiani
60 Capitolo IV. Cambise e la conquista dell’Egitto
67 Capitolo V. Dario, l’usurpatore
79 Capitolo VI. Dall’India all’Europa
93 Capitolo VII. Problemi sulla frontiera greca
103 Capitolo VIII. Le tre capitali: Ecbatana, Babilonia e Susa
112 Capitolo IX. Persepoli
125 Capitolo X. Un merciaiolo reale
135 Capitolo XI. I sentieri degli dei
145 Capitolo XII. Serse, il principe ereditario
160 Capitolo XIII. Il Gran Re e i suoi eserciti
177 Capitolo XIV. Insuccesso in Europa
190 Capitolo XV. Il Capodanno a Persepoli
207 Capitolo XVI. L’eccessiva fiscalità e i suoi risultati
219 Capitolo XVII. Trionfi di diplomazia
234 Capitolo XVIII. Una risoluzione per Sparta
249 Capitolo XIX. Un dittatore per la Grecia
272 Capitolo XX. La progressiva disgregazione
286 Capitolo XXI. Scienza vera e scienza falsa
299 Capitolo XXII. Religioni morenti e religioni nascenti
318 Capitolo XXIII. Aria nuova da Occidente
324 Capitolo XXIV. Filippo e l’avvio della Crociata
332 Capitolo XXV. Alessandro, erede della Crociata
342 Capitolo XXVI. Il dio-re orientale
350 Capitolo XXVII. Persepoli, la conclusione della Crociata
361 Note
390 Bibliografia

L’incipit della Prefazione:

Sullo scorcio del «periodo assiale» del mondo antico, la fine dell’età del ferro, il termine della protostoria, è espressa dall’avvento dell’impero Persiano. Nell’Eurasia, l’arcipelago delle culture pastorali, agricole e urbane, il reticolo dei traffici e la segmentazione dei regni regionali sono per la prima volta connessi e immersi nel circuito d’un supremo potere politico-militare. L’Achemenide, re dei Persiani, è signore dei popoli e paesi che sin dal Neolitico avevano elaborato il fiore della civiltà dell’uomo euroasiatico. La storia albeggia sotto il segno dell’imperialismo, l’unificazione violenta delle sorti delle genti. Perciò l’«esposizione delle ricerche» erodotee, esordio della storiografia, contempla l’ecumene.
Emergono così i contorni strutturali dell’ambito nodale dell’Eurasia, i suoi fulcri strategici. L’Altopiano persiano (o iranico), che s’innerva fra le sponde del Tigri e quelle dell’indo, si rivela non solo e tanto il crocevia dell’Asia, come sovente lo si definisce a motivo delle piste che vi menavano merci e carovane, tribù e mandrie dalle steppe scitiche e dai confini della Cina fino all’Oriente a noi più prossimo. Masso incuneato tra le catene del Caucaso e del Pamir, dominante la regione del Golfo ma aperto verso le distese solcate dall’Oxus (Amu Darya)-Yaxartes (Sir Darya) e percorse dalle orde nomadi, l’Altopiano tende a innestarsi in direzione della pianura mesopotamica e della penisola anatolica, ove gravitano le sue linee di forza e contatto, pressione, contenimento, \ espansione. La piattaforma, esposta ai flussi migratori dei pastori-guerrieri attratti dall’orbe civile dei climi temperati, quali i Persiani stessi furono alle loro origini, è terrazza che guarda al Crescente fertile e al Levante, ponendosi alla confluenza dei mondi sedentario e nomadico, mercantile e urbano.
Intorno a questa zona, dominabile dalle alture dello Zagros, si situa sotto gli Achemenidi, che trovano la forza di collegare la terraferma asiatica ai suoi avamposti mediterranei, la cerniera dell’Eurasia, il baricentro geo-politico del confronto fra Oriente e Occidente, o forse meglio tra regione asiatica occidentale e regione mediterranea centro-orientale (nelle primissime pagine di Erodoto la demarcazione strategica è chiaramente al fiume Halys, oggi Kizil Irmak). L’equilibrio favorevole all’egemonia continentale achemenide fu in estrema tensione e produsse la partita delle Guerre Mediche, le coste e le isole del mare che tanto tardi e per una volta diventò «nostrum» non potendosi durevolmente (in profondità) dominare da una piazzaforte così interna come l’Altopiano.

Angelo M. Piemontese

L’incipit:

L’Iran preistorico

Molto tempo prima di essere denominato Iran, il grande altopiano era già densamente popolato. Sotto i depositi alluvionali dell’ultimo periodo glaciale sono state ritrovate lamine di ossidiana, mentre gli uomini della tarda età della pietra hanno abbandonato all’aperto i loro rozzi arnesi di selce. Intorno al quinto millennio avanti Cristo, numerosi piccoli villaggi ospitavano un pacifico popolo di agricoltori, che soddisfaceva le proprie tendenze estetiche realizzando, al tornio, un elegante vasellame decorato con una splendida pittura; un’elaborata, eppur viva, resa formale della flora e della fauna indigene tradiva un’attenzione maggiore verso la bellezza del disegno che l’esattezza della rappresentazione, stabilendo insieme il modello sul quale si sarebbe in seguito sviluppata tutta l’arte dell’altopiano. Le rovine arse di qualche insediamento umano e i mutamenti nello stile delle terrecotte indicano l’avvicendarsi delle popolazioni. Solo l’Elam, ad ovest, ci ha lasciato una scrittura e, dunque, una storia anche se alcune tavolette ritrovate nella parte centrale dell’altopiano e recanti gli ideogrammi elamiti lasciano pensare che la stessa lingua fosse parlata lì come a Susa, la maggiore città dell’Elam.
Ulteriori informazioni su queste antiche genti possiamo ricavarle dal Videvdat, la «Legge Antidemoniaca». Anche se, nella forma in cui compare nell’Avesta, questo testo venne steso per iscritto appena prima della nostra era, in esso si possono riconoscere gli elementi essenziali di quella cultura preistorica. A un primo sguardo, il Videvdat appare come un mondo felice, un mondo nel quale incontriamo il padrone della casa ricco di bestiame, foraggio, cani, moglie, figli, fuoco, latte e ogni cosa che sia piacevole possedere, con cereali, erba e alberi che danno ogni genere di frutti. Le terre deserte venivano irrigate dal qanat sotterraneo, mentre le greggi e gli armenti si accrescevano, e abbondava il concime naturale. Per ottenere queste benedizioni era, però, necessario un duro lavoro: arare, piantare, e impegnarsi nella costruzione dei canali sotterranei. Era un mondo nel quale gli indolenti non trovavano posto 1
Sentiamo parlare, per il vestiario, di pelli o stoffe intessute, e poi di tende di feltro, come quelle che si trovano ancor oggi nell’Asia Centrale, e di case di legno, come quelle che hanno dato origine ai mucchi di ceneri nella piana di Urumia2. Possiamo comporre rapsodie per l’alto rango del cane, in ogni altro luogo dell’Oriente ritenuto immondo e spregevole, ma qui, sull’altopiano, trattato come un rispettabile membro della famiglia, con responsabilità ben precise e adeguate ricompense3. Possiamo prepararci a gioire insieme ai contadini quando il lungo, nevoso inverno è finalmente trascorso e gli uccelli cominciano a volare, le piante a spuntare, i torrenti a scorrere dai monti e i venti ad asciugare la terra4, ma corriamo il rischio, al tempo stesso, di fraintendere completamente il loro stato d’animo.

L.

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