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La Adelphi presenta un’altra antologia firmata da Georges Simenon.

La scheda di Uruk:

Lo scialle di Marie Dudon e altri racconti (2021) di Georges Simenon [aprile 2021] Traduzione di Marina Di Leo
Il dito di Barraquier (Le doigt de Barraquier, da “Gringoire”, 24 ottobre 1940)
Il Barone della chiusa, ovvero La crociera del “Potam” (Le Baron de l’écluse ou La croisière du “Potam”, da “Gringoire”, 12 dicembre 1940)
La vecchia coppia di Cherbourg (Le vieux couple de Cherbourg, da “Gringoire”, 16 maggio 1940)
La ribellione del Canarino (La révolte du Canari, da “Gringoire”, 25 luglio 1940)
Lo scialle di Marie Dudon (Le châle de Marie Dudon, da “Gringoire”, 10 ottobre 1940)
Il destino del signor Saft (Le destin de Monsieur Saft, da “Gringoire”, 21 novembre 1940)
Il negro si è addormentato (Le nègre s’est endormi, da “Gringoire”, 30 gennaio 1941)
La spilla a ferro di cavallo (L’épingle en fer à cheval, da “Gringoire”, 20 gennaio 1941)
Valérie se ne va (Valérie s’en va, 1941)
I centomila franchi della giovane signora (Les cent mille francs de “P’tite Madame”, da “Notre Cœur”, dal 27 dicembre 1940 al 3 gennaio 1941)

La trama

L’universo gli sembra più immenso che mai, e vuoto, assolutamente vuoto, con solo loro due che si agitano, scontrandosi in un vero e proprio de­lirio.
«Maria, se esci da quella porta…».
Di cosa potrebbe minacciarla?
«Se esci da quella porta…».
Corre verso il comodino. Una camera da letto che hanno pagato tremila e duecento franchi ai loro predecessori! Apre il cassetto e prende la pi­stola, che non ha mai usato.
«Ti avverto… Se te ne vai, non mi vedrai più vi­vo… Ascoltami, Maria…».
Lei lo guarda ancora una volta, la terza, ma quella che gli lancia adesso è un’occhiata sprezzante, un’occhiata che significa chiaro e tondo:
«Non ce l’hai, il coraggio! Sei troppo vigliacco! Tieni troppo alla pelle…».

L’incipit de “Il dito di Barraquier”

Una specie di luna rossa era sospesa davanti a loro nella notte umida: l’orologio di una chiesa o di un edificio pubblico. Segnava le due e venti. E questo lasciava supporre che non ci fosse nessun altro in giro per le anguste stradine di Nevers, simili a un riecheggiante labirinto di cunicoli.
Chi poteva essere ancora sveglio in città? Qualche ammalato che sudava tra le lenzuola, qualche donna al capezzale di un moribondo, due o tre puerpere, forse Francis che, chiusi i battenti della Boule Rouge, contava gli incassi della giornata mentre il cameriere inforcava la bicicletta per tornarsene a casa, nei dintorni di Nevers…
«Se incrociamo un poliziotto…» pensava Charlotte.
E intanto che pensava così, e si riprometteva, qualora ne scorgesse uno, di corrergli incontro e dirgli tutto, l’uomo che le camminava accanto accarezzandole con insistenza il fianco prosperoso le chiese:
«In che via abiti?».
Una domanda innocente? Charlotte temette che avesse intuito le sue intenzioni e rabbrividì di nuovo, come poco prima, quando erano usciti dalla Boule Rouge. Perché mai a un accompagnatore occasionale doveva interessare il nome della via in cui abitava? Lei se n’era accorta subito che non era ubriaco, che in ogni caso, pur avendo bevuto, era rimasto lucidissimo.
«In rue Creuse… Conosci Nevers?».
«Un po’…».

L.

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