Tag

, ,

Un romanzo d’annata nella mitica collana “I Libri Pocket” (Longanesi).

La scheda di Uruk:

575. Il grido del vento (Ravenwood 2: Cry of the Wind, 1974) di Sarah MacIvers [3 agosto 1976] Traduzione di Mirella Miotti

La trama:

Charlotte Price giunse a Ravenwood, una piantagione non lontana da New Orleans, con l’incarico di badare a un bambino, perché la madre era morta. Ma bastò poco per convincere Charlotte che il suo compito non era così semplice come aveva pensato dapprincipio: il luogo era avvolto dal mistero, e nella notte la ragazza udiva strani rumori, identificati poi quali singhiozzi o addirittura urla di torturati. Charlotte scoprì che una donna era imprigionata nell’edificio e che un’altra si celava nelle vicinanze, mentre il proprietario della piantagione cercava di nascondere a lei un oscuro segreto, con ogni mezzo, anche a costo di sedurla.

L’incipit:

Mi sembrava di essere in viaggio da giorni, benché in realtà fossi partita da New Orleans soltanto quella mattina con una carrozza noleggiata, per coprire l’ultimo tratto che mi avrebbe portata alla piantagione di Ravenwood. Superati i sobborghi di quella splendida città sul Mississippi, che mostrava tracce evidenti della cultura francese, la civiltà parve svanire all’improvviso e ben presto le strade si trasformarono in viottoli polverosi e sconnessi, tanto che ogni miglio percorso ne valeva venti per le mie ossa doloranti, sballottata e scossa com’ero all’interno della vettura. Mi avevano già avvisata che le regioni limitrofe allo stato della Louisiana erano piuttosto selvagge in confronto ai paesaggi dell’Est civilizzati e trasformati dall’uomo, dove avevo appunto vissuto i miei primi ventun anni di vita, ma nessuna delle mie precedenti esperienze mi aveva preparata a tanta desolazione. Mentre osservavo il paesaggio campestre dal finestrino della carrozza, mi sembrava di inoltrarmi in un altro mondo.
Il sole dardeggiava inesorabile, rendendo l’interno della vettura simile a una fornace. Il colletto di pelliccia del cappotto da viaggio mi dava fastidio e avrei desiderato avere addosso qualcosa di più leggero della pesante giacca di lana e della lunga gonna. Del resto, me li ero messi pensando al clima di Filadelfia, a me ben noto, senza prevedere il caldo soffocante che gravava su quella località sconosciuta.
Il paesaggio che sfilava davanti ai miei occhi era mutevole: a tratti di terreno arido e roccioso si alternavano zone verdeggianti ricche di piante tropicali che non avevo mai visto.

L.

– Altri Longanesi dell’epoca: