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La Multiplayer.it continua a portare in Italia opere legate a mondi videoludici, anche se temo non riscuotano l’interesse che meriterebbero.
Ecco un’opera legata al mio amore di gioventù: Doom!

Questo romanzo è il primo di una tetralogia che scopro è arrivata in Italia tronca, con solo i primi due episodi tradotti.

L’illustrazione di copertina è firmata da Robert Hunt.

La scheda di Uruk:

1. Doom: Knee-Deep in the Dead (1995) di Dafydd ab Hugh e Brad Linaweaver [marzo 2010; in eBook, agosto 2012] Traduzione di Francesca Noto, revisione di Andrea Rubbini

La trama:

Basato su DOOM e DOOM 2 il famosissimo sparatutto creato dalla ID Software.
I Portali erano già su Phobos quando l’umanità vi arrivò per la prima volta. Costruzioni aliene inertie immobili, per vent’anni rimasero lì, silenzioso testamento dei loro creatori da tempo scomparsi, amantenere il loro segreto. Poi, un giorno, si sono risvegliati…
Ecco a voi il caporale Flynn Taggart, del Corpo dei Marines degli Stati Uniti: numero di serie 888-23-9912. È il miglior combattente del ventunesimo secolo, ed è un bene che lo sia, perché Flynn Taggart è l’unico baluardo tra l’inferno che si è scatenato su Marte e il pianeta Terra, ignaro di tutto…

L’incipit:

Improvvisamente, la radio prese vita crepitando…
Era il soldato semplice Grayson, in avanscoperta per una ricognizione. Il giovane Marine aveva trovato un cadavere.
“Identificazione impossibile”, riferì la voce tesa di Grayson. “Sono troppi pezzi. Posso dire con certezza che si tratta di un maschio bianco. Sembrano… Gesù, signore, sembrano segni di artigli. E questo corpo è stato masticato”.
Animali selvaggi su un satellite senza atmosfera come Phobos? Il corpo maciullato e semidivorato era stato rinvenuto nell’impianto di lavorazione. Alla radio sentimmo Weems dare l’ordine di convergere su quel punto, quando un’interferenza complicò la ricezione.
Quando la voce di Grayson tornò, era forte e chiara. Fino a quel momento, l’universo aveva avuto un qualche tipo di senso, per me. Di tutti gli scenari militari che mi attraversavano il cervello, nessuno mi aveva preparato a quel che sarebbe successo:
“Cristo! Non è umano!”, urlò Grayson. “Troppo grande… tutto sbagliato… umanoide… occhi rossi…”.
Mentre Grayson forniva il suo frammentario rapporto, intervallava la descrizione con raffiche dal suo fucile. Prima che il discorso diventasse coerente, udimmo un animalesco grido inarticolato di dolore provenire da qualunque cosa stesse tenendo sotto tiro, poi un urlo, ancora:
“Non va giù, non va giù!”. Il grido che ci arrivò subito dopo era umano.
Raggelai dalla testa ai piedi.

Prima dell’inizio

Kefiristan è la cosa più vicina all’inferno sulla Terra che potreste immaginare.
Posso dirlo a buon diritto: ho passato gli ultimi diciotto mesi lì in giro, a tentare di tenere lontana l’Armata di Liberazione del Popolo Kefiri, che si fa chiamare “La Falce della Gloria”, dalle gole dei Khorastisti di destra, supportati dai trapiantati Azeri del sud (che vogliono mantenere le loro enclave) che stanno combattendo una “sporca guerra” contro i comunisti cubani e i mercenari peruviani… insomma, avete il quadro. È una dannata matassa di milioni di fili insanguinati che si aggrovigliano qui nell’ombelico del mondo, sull’estensione settentrionale della catena del Karakorum, tra l’Afghanistan e Samarcanda, in Uzbekistan.
Eravamo appena passati attraverso lo scosceso passo piacevolmente soprannominato “imene strappato” nella lingua locale e arrivati alla piccola città musulmana di pik Nizganij, arroccata su un picco montano a 2200 metri di altitudine.
Restai a osservare con orrore. Neanche diciotto mesi alle costole della Falce della Gloria e dei loro amici del Sentiero Lucente potevano prepararmi a quel che rimaneva di pik Nizganij.
Era come guardare una tela di Bosch, tra membra mozzate e casse toraciche ripulite (dagli
animali, pregai) sparse per i campi come steli di granturco e pareti e porte imbrattate di sangue come nella Pasqua Ebraica… eccetto che non era sangue d’agnello, ma umano.
Sono il caporale Flynn Taggart, Compagnia Fox, Quindicesimo Reggimento di Fanteria Leggera, Corpo dei Marines degli Stati Uniti, numero di identificazione 888-23-9912. Tutti mi chiamano Fly, tranne quando sono incazzati.
La Fox avanzava lentamente attraverso la città, in preda allo shock, tentando senza successo di contare le parti del corpo e fare una ragionevole stima delle vittime La nebbia o una malefica nuvola bassa trapassava la vetta, ammantando gli ornamenti rosso vivo e attutendo i nostri passi. Era come se camminassimo in un corridoio di ovatta, inciampando sui macabri moniti che la guerra, specie se alimentata dall’odio violento di un’etnia verso un’altra, scaglia tutti gli uomini all’indietro in una brutalità primitiva, precedente alla nascita della civiltà. Mi chiesi quante vittime fossero state finite dalle nude mani dei vincitori.
Qualcosa si mosse nella foschia.
Un’ombra, una sagoma, niente di più. Il sergente di artiglieria Goforth ci fece immobilizzare con un sibilo; la Fox è dannatamente ben addestrata, anche per un corpo di fanteria leggera.

Gli autori (scheda etrusca):

Dafydd ab Hugh, pseudonimo di David Friedman, classe 1960, è un autore di fantascienza con un passato nella Marina degli Stati Uniti. Sin dalla fine degli anni Ottanta è attivo negli universi narrativi fantastici, ed oltre alla tetralogia di Doom ha lavorato a Star Trek, di cui ha scritto maggiormente nella serie Deep Space Nine.
Oltre a due romanzi su Doom, l’unico altro suo testo giunto in Italia è Star Trek Voyager: La sfida finale (Fanucci 1997).

Brad Linaweaver, classe 1952, è un premiato romanziere che ha anche partecipato all’universo narrativo di Battlestar Galactica (versione originale): in Italia è inedito, ad esclusione di due romanzi di Doom.

L.

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