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Prima di darlo via, schedo questo numero d’anata della collana “Il Giallo Mondadori” dell’epoca di Alberto Tedeschi.

L’illustrazione di copertina è firmata dal consueto Carlo Jacono.

La scheda di Uruk:

585. La vita è breve (Some Slips don’t Show, 1957) di A.A. Fair (Erle Stanley Gardner) [17 aprile 1960] Traduzione di Ida Omboni
inoltre contiene i racconti:
Il malloppo faceva gola (The Hope Chest, da “EQMM”, gennaio 1960) di Dick Ashbaugh
Un cadavere in comune (apparso originariamente come The Deadly Sisters su “Verdict Crime Detection Magazine”, agosto 1956, ristampato poi come Survival of the Fittest su “EQMM”, gennaio 1960) di Samuel Elkin
Termine di cottura (If They Give Him Time, da “EQMM”, febbraio 1960) di Frances e Richard Lockridge

La trama:

Barclay Fisher si sveglia da una formidabile sbornia, nell’appartamentino di una bambola bionda. Al pericolo dello scandalo si aggiunge quello di un ricatto. Che fare, in un caso simile, quando si ha una moglie intransigente? Barclay Fisher si rivolge all’Agenzia “Lam e Cool”. La grassa Bertha fiuta immediatamente un mucchio di quattrini, nel caso. Lam parte per San Francisco e si butta nella mischia, per districare il suo cliente dall’imbroglio, ma sarà una fortuna se non finirà in galera con un ragguardevole assortimento d’imputazioni. Come facciano ad “arrivare i nostri” non possiamo anticiparvelo, ma arrivano nel modo più imprevedibile, con un assegno abbastanza pingue per rabbonire Bertha Cool, che è furibonda, e per dispiacere il lettore, il quale si vede finire purtroppo un giallo ben costruito e fitto di divertenti situazioni.

L’incipit:

Bertha Cool aprì la porta del mio ufficio ed entrò come un proiettile. I suoi occhi mandavano fiamme.
Con Elsie Brand, la mia segretaria, stavo discutendo un caso di rapimento insoluto, che risaliva, ormai, ad alcuni mesi prima.
I genitori del bambino rapito offrivano cento bigliettoni di ricompensa a chi avesse saputo risolvere il mistero. Diedi un’occhiata a Bertha e mi affrettai a dire:
– Basta cosi, Elsie. Potete andare.
Bertha rimase immobile, con le mani sui fianchi, finché Elsie non fu sparita. Poi sbottò: – Donald, non riesco a sopportarli!
– Che cosa?
– Gli uomini pentiti che sbavano e frignano.
– E io, che c’entro?
– Ce n’è uno nel mio ufficio.
– Non ti piace?
– No.
– Sbattilo fuori.
– Non posso.
– Perché?
– Ha quattrini.
– Che cosa vuole?
– Un buon investigatore, naturalmente.
– E io, che cosa dovrei fare, secondo te?
– Donald – tubò lei, nel suo tono più conciliante e mellifluo – vorrei che tu gli parlassi. Tu sai prendere la gente per il verso giusto. Tu trovi qualcosa d’interessante in tutti quelli che vedi. Bertha non ce la fa. Bertha o li adora o li detesta, e, se li detesta, li sterminerebbe fino alla settima generazione.
– Che cosa non va, nel tuo visitatore, Bertha?
– Tutto! Perché non ha pensato che amava sua moglie e il pargoletto, mentre faceva il gallo con quella bionda, invece di piombarci qui a frignare, due settimane dopo?
– Come sta a quattrini?
– Gli ho detto che occorreva un anticipo di cinquecento dollari ancora prima di sapere che cosa voleva. Pensavo di spaventarlo. Se fosse andato via, ci sarei rimasta male per tutto il giorno, ma…
– Che cos’ha fatto?
– Ha tirato fuori il portafoglio e ha pescato cinque biglietti da cento. Ora, sono sulla mia scrivania.
– Niente assegni?
– Niente assegni. Non vuole che la transazione figuri nei suoi libri contabili.
Respinsi la sedia.
– Andiamo da lui.
– Sapevo di poter contare su di te, Donald – dichiarò Bertha, tutta sorrisi.
Attraversammo a passo di marcia l’ufficio di Elsie e la sala d’aspetto. L’uomo sprofondato nella poltrona riservata ai clienti, nell’ufficio di Bertha, trasalì nervosamente, quando entrammo.
– Signor Fisher – disse Bertha – vi presento Donald Lam, il mio socio. Sarà bene che sentiamo anche il suo parere.

L.

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