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Prima di darlo via schedo questo numero d’annata de Il Giallo Mondadori“.

L’illustrazione di copertina, come sempre, è firmata da Carlo Jacono.

La scheda di Uruk:

1719. Lovejoy e l’albero del santo Graal [Lovejoy 3] (The Grail Tree, 1979) di Jonathan Gash [10 ottobre 1982] Traduzione di Claudio Maraston
Inoltre contiene i racconti:
Tutte le sere, in primavera, di Sandro Toni, selezionato dal “Mystfest” di Cattolica nel 1981
Ombre in soffitta (Shadows in the Attic, da “EQMM”, agosto 1981) di Barbara Williamson

La trama:

Jonathan Gash, abilissimo creatore di ambienti che sa gustosamente descrivere e arricchire di dotte annotazioni pertinenti, ci ripropone il suo antiquario squattrinato Lovejoy sempre alla ricerca di pezzi buoni da acquistare a basso prezzo e da rivendere a prezzo carissimo. I lettori del «Giallo Mondadori» che hanno già imparato a conoscere e ad apprezzare questo bizzarro inglese allegro donnaiolo e irriducibile nel n. 1681 «Lovejoy: l’oro è il mio mestiere», lo seguiranno volentieri nella nuova impresa. Tutto comincia con l’incontro di uno strano ometto, il reverendo Henry Swan che, dopo molte perifrasi e scolando una bottiglia di rhum, confida a Lovejoy di essere in possesso del Santo Graal. Il nostro avventuriero nicchia, e non ci crede. Ma, quando il suo confidente salta per aria, parte alla riscossa, sia convinto o non sia convinto dell’esistenza della mitica reliquia, l’ambitissima tazza…

L’incipit:

Antiquariato e donne sono i miei unici interessi. Sembra semplice, ma provatevi solo a far funzionare le due cose nel loro verso giusto.
Mi trovavo ancora in quella tenda quando qualcuno sibilò il mio nome. Era Tinker Dill, ispido e malvestito come sempre. Betty s’inabissò con un’esclamazione trattenuta dietro un cavalletto, afferrando disperatamente la sua blusa. Non potevo biasimarla. Anch’io per un secondo avevo pensato che fosse suo marito. Tinker si insinuò sotto il risvolto della tenda. Ero fuori dei gangheri. Si poteva star sicuri che Tinker avrebbe interrotto senza pietà l’unica occasione offerta a Betty e al sottoscritto, anche se nel mezzo della fiera annuale del nostro villaggio.
– Non potresti lasciarmi solo quando sto…?
– Presto! Vieni a vedere, per Dio!
– Aveva un’aria stravolta, il capo proteso verso l’alto in direzione del prato.
– No — sibilai a mia volta. — Esci.
— Il cuore mi sobbalzava. Questo è tipico di Tinker. Sempre tra i piedi quando non ce lo vorresti. Potevo udire la banda e voci di gente che parlottava li vicino.
— C’è un pezzo antico qui fuori.
Stavo già tornando verso Betty quando la parola magica dissipò dalla mia mente la nebbia dell’amore e, letteralmente, mi bloccò. Non può essere altrimenti. Io sono un antiquario in lotta per la sopravvivenza.
– Eh?
— Antico. — Tinker stava già sgusciando fuori, una volta compiuto il suo dovere. — Ce l’ha uno dei ragazzini sulla scena.
– Chi era quell’orrendo piccolo barbone? – Betty era nera. Cominciò meccanicamente a rimettersi in ordine.
– Tinker Dill – risposi, intento a riflettere. — Il mio imbonitore. Scova pezzi di antiquariato per mio conto. — Non aggiunsi che devo pagarlo una fortuna in commissioni per ogni articolo che io acquisto o vendo. Quando non sono al verde, voglio dire.
— Non andrà in giro a parlare di noi, caro?
Speravo di no. Suo marito ha la corporatura di un cavallo da tiro.
– No. Ehm, senti, amore. — Cominciai ad allontanarmi.
— Ma non abbiamo… — Mi si avvicinò sorridendo, ma la respinsi e sollevai il risvolto della tenda. Il vasto spiazzo era pieno di tavoli allineati e carichi di cibi e brocche di succo di arancia. Un milione di paesani vi si sarebbero precipitati alle quattro e avrebbero spazzato via tutto. Betty era incaricata dei preparativi. Ecco il perché del nostro incontro solitario, se un appuntamento d’amore in una tenda delle dimensioni di una cattedrale nel bel mezzo di una fiera di paese può essere definito solitario, voglio dire.
– Non vorrai andartene? – Mi tirò per il braccio, arrabbiata e incredula.
– Andiamo. – Alzai quanto bastava il risvolto della tenda.
– Per tutti… – Betty tentò di colpirmi furiosamente alla testa, ma le diedi uno schiaffo prima che la sua mano mi raggiungesse. Lei planò su una tavola e una zuppa inglese schizzò dappertutto disgustosamente.
– Ci vediamo venerdì? — Pensavo che la cosa le facesse piacere, invece la mandò ancora più in collera.
– Porco! Io… — Si riprese e fece nuovamente per scagliarsi contro di me, ma io stavo sgusciando sotto il telo ed ero già fuori. Sano e salvo in mezzo alle centinaia di vagabondi, facendo segno e sorridendo mentre camminavo.
A volte le donne mi fanno davvero diventar matto. Nessun senso delle priorità. Mai notato?

L.

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