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Prima di darlo via, schedo questa vecchia antologia.

La scheda di Uruk:

Le avventure di un uomo vivo (Manalive, 1912) – EDIPEM (Istituto Geografico De Agostini 1984) – Traduzione di Emilio Cecchi
Introduzione, di Claudio Gorlier
Parte I: Gli enigmi d’Innocenzo Smith (The Enigmas of Innocent Smith)
– Come il gran vento arrivò a casa Beacon (How the Great Wind Came to Beacon House)
– Il bagaglio d’un ottimista (The Luggage of an Optimist)
– La bandiera di Beacon (The Banner of Beacon)
– Il giardino d’Iddio (The Garden of the God)
– Il burlone allegorico (The Allegorical Practical Joker)
Parte II: Le spiegazioni d’Innocenzo Smith (The Explanations of Innocent Smith)
– L’occhio della morte ovvero l’imputazione di omicidio (The Eye of Death; or, the Murder Charge)
– I due curati ovvero l’imputazione di latrocinio (The Two Curates; or, the Burglary Charge)
– Il giro del mondo ovvero l’accusa d’abbandono della famiglia (The Round Road; or, the Desertion Charge)
– I matrimoni irregolari ovvero l’accusa di poligamia (The Wild Weddings; or, the Polygamy Charge)
– Come il gran vento lasciò casa Beacon (How the Great Wind went from Beacon House)

L’incipit dall’Introduzione di Claudio Gorlier:

Gilbert Keith Chesterton nacque a Londra, nel quartiere di Campden Hill, il 29 maggio 1874. Il padre era un ricco agente di aste immobiliari: la famiglia seguiva un orientamento liberale in politica e protestante unitariano in religione. Allievo della St. Paul’s School, Chesterton non fu quel che si dice uno studente modello: prestava poca applicazione alle materie che non lo interessavano e d’altro canto il suo fisico massiccio e persino goffo gli impediva di affermarsi nelle attività sportive, così importanti nelle scuole inglesi. In compenso, insieme al futuro poeta E.C. Bentley fondò, diventandone presidente, un animato club del dibattito, il Junior Debating Club, ai cui lavori partecipò sempre attivamente insieme al gruppo di amici che lo componeva.
Chesterton non frequentò l’università, ma, date le sue notevoli inclinazioni per il disegno e in particolare la caricatura (di cui esiste efficace testimonianza nelle illustrazioni alle poesie di Bentley e ai romanzi di Hilaire Belloc), si iscrisse alla Slade School of Art; a ventun anni, e terminati quegli studi, si rese peraltro conto di non possedere le qualità che avrebbero potuto consentirgli di affermarsi nel campo delle arti. Si impegnò nell’editoria, cominciando intanto a scrivere, segnatamente poesia, e a pubblicare in giornali e riviste. Ma già a cavallo del secolo egli trovava un’occasione per impegnarsi polemicamente e aggressivamente, come sarebbe stato sempre nel suo carattere: la guerra boera, che egli criticò con energia più da posizioni antimperialiste che pacifiste, giacché Chesterton rivendicava il diritto al patriottismo, ma non giustificava la sopraffazione ai danni di paesi dalle tradizioni e dai valori diversi e indipendenti. Di qui la sua simpatia per l’Irlanda e la sua ostilità contro le posizioni di Rudyard Kipling e di Cecil Rhodes. […]

LE AVVENTURE DI UN UOMO VIVO

Manalive, cioè l’uomo vivo, riflette molto caratteristicamente la particolare misura narrativa di Chesterton, sorretta da una struttura saggistica e tesa costantemente a impostare un discorso di fondo, a dibattere una serie di questioni cruciali. Si comprende allora che i personaggi valgono soprattutto come esplicitazione fisica di principi di comportamenti.
Il romanzo apparve in un momento decisivo del complesso dibattito di idee che percorse tutta la cosiddetta età edoardiana, proseguendo e sotto vari aspetti rimescolando presupposti già presenti nell’età vittoriana. Le avventure di un uomo vivo, aldilà dell’effervescenza dei suoi scintillanti paradossi e ai ben calcolati colpi di scena, si presenta fuor di ogni dubbio quale romanzo a chiave.
Vale la pena di fissare innanzitutto la parte chiaramente polemica del libro e la parte risolutamente costruttiva. Chesterton mira a una serie di bersagli contro i quali spara le sue ironiche bordate. Uno è, con tutta evidenza, lo scientismo, almeno in parte legato a una visione di graduale progresso della società umana, che si ricollega direttamente al nome di H.G. Wells.

L’incipit:

Il vento si levò alto ad occidente come un’onda d’irragionevole felicità, e si slanciò verso oriente sull’Inghilterra, portando seco il nevoso aroma delle foreste e la gelida ubbriachezza del mare. In mille buchi e cantucci ristorò la gente come un boccale di vin fresco e la sorprese come una percossa. Nelle stanze più riposte di case labirintiche e recondite, suscitò come un’esplosione domestica; seminò l’impiantito di fogli professorali, tanto più preziosi quanto più fuggitivi; e spense la .candela al lume della quale un ragazzo leggeva l’Isola del Tesoro, avvolgendolo in un’oscurità piena di rombo. E dappertutto suscitò drammi in esistenze senza dramma, e suonò le trombe della crisi sul mondo. Più d’una madre meschina, in qualche povero cortile, aveva guardato cinque carnicine tese ad asciugare come si guarderebbe una tragedia miseranda; quasi ella avesse impiccato i suoi piccini. Arrivò il vento: le carnicine si gonfiarono e balzarono, come se vi fossero saltati dentro cinque grassi folletti; e nella stanca subcoscienza ella ricordò confusamente le rozze commedie de’ padri, a’ tempi che gli elfi abitavano ancora le case degli uomini. Più d’una fanciulla derelitta, in un giardino murato e umidiccio, s’era buttata sull’amaca con lo stesso gesto di non poterne più col quale avrebbe potuto buttarsi nel Tamigi ; e il vento le squarciò intorno l’ondeggiante muraglia di fogliame, e sollevò l’amaca a guisa di pallone, rivelando strane forme di nuvole in alto, e lontane visioni di villaggi splendenti, quasi che ora ella viaggiasse pel cielo in una magica barca. Più d’un impiegato o d’un curato scarpinava tutto polveroso per una strada telescopica fiancheggiata di pioppi, rassomigliandoli per la centesima volta a pennacchi d’un carro funebre : quando cotesta forza invisibile li curvò a diadema intorno alla sua testa, e li fece rombare come un saluto d’ali angeliche. E v’era in tutto ciò qualcosa d’ancor più ispirato e imperativo che non nel vecchio vento del proverbio; perché questo era il buon vento che non fa male a nessuno.

L.

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